Per sette ore Giandavide De Pau ha parlato ma era in stato confusionale. E’ stata la sorella ad avvisare le forze dell’ordine
Parla per ore, oltre sette per la precisione, i poliziotti ascoltano, ma lui, Giandavide De Pau è ancora sotto shock, racconta, minaccia di uccidersi, piange, lo calmano e prosegue a parlare. Un fiume in piena anche se spesso si interrompe perché non ricorda granché. “Ricordo di essere stato nella casa di via Riboty, (l’appartamento dove sono state uccise le due donne cinesi ndr.) ma poi ho il buio. So solo che c’era tanto sangue”. Seduto per sette ore davanti gli investigatori, Giandavide De Pau, l’ex autista del boss Michele Senese fermato per il triplice omicidio avvenuto a Roma, raccoglie i frammenti di ricordi di quella notte.
L’indagato, durante l’interrogatorio, è ancora sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti, consumate la notte prima del delitto insieme a una donna cubana, anche lei ascoltata dalle forze dell’ordine. Il 51enne ricorda di aver trascorso la notte insieme alla cubana e di aver contattato le due ragazze cinesi la mattina seguente. “Era la prima volta che andavo dalle cinesi, ho preso appuntamento“, ha detto. “Non ricordo nulla, sono arrivato in macchina – ha proseguito – pensavo che l’appartamento di via Riboty fosse al pian terreno, non al primo piano. Ho un blackout, c’era tanto sangue“, ha detto affermando di aver cercato di tamponare la ferita alla gola di una donna cinese e di aver appoggiato e dimenticato il suo cellulare per terra, all’interno dell’appartamento dove avrebbe ucciso le due donne orientali
L’interrogatorio sotto l’effetto di stupefacenti: Non so cosa ho fatto, c’era sangue
L’indagato, durante l’interrogatorio, è ancora sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti, consumate la notte prima del delitto insieme a una donna cubana, anche lei ascoltata dalle forze dell’ordine. Il 51enne ricorda di aver trascorso la notte insieme alla cubana e di aver contattato le due ragazze cinesi la mattina seguente. “Era la prima volta che andavo dalle cinesi, ho preso appuntamento”, ha detto. “Non ricordo nulla, sono arrivato in macchina – ha proseguito – pensavo che l’appartamento di via Riboty fosse al pian terreno, non al primo piano. Ho un blackout, c’era tanto sangue”, ha detto affermando di aver cercato di tamponare la ferita alla gola di una donna cinese e di aver appoggiato e dimenticato il suo cellulare per terra, all’interno dell’appartamento dove avrebbe ucciso le due donne orientali.
Non ricordo di essere stato in via Durazzo”, ha detto agli inquirenti che gli mostravano le immagini che lo collocano sul posto dove è stata uccisa Martha Castano Torres, 65enne colombiana. “Non lo ricordo proprio, mi contestate due omicidi, quindi non avrebbe senso negarne un terzo. Ero stravolto. Ho vagato due giorni senza mangiare e dormire. Ero in macchina, l’ho ritrovata all’Hilton ma non so perché e come ci sono arrivato”. Poi ha contattato la sorella ed è andato a casa dove la donna abita con la madre, nella periferia romana di Ottavia. “Avevo ancora i vestiti sporchi di sangue, mi sono buttato sul divano e ho dormito un paio d’ore. Poi è arrivata la polizia”.