Il quotidiano tira fuori un concetto della scrittrice, rea di abbattersi sempre e comunque contro il segretario Dem
Prendere le parole e usarle contro chi le ha partorite. Per attaccare e per difendere chi in questo momento è sotto attacco da tutti. E, curiosamente, il quotidiano Libero, che non ha problemi a schierarsi e scrivere, questa volta sembra mettersi a difendere Enrico Letta. Già perché, a furia di prendere botte da chi dovrebbe sostenerlo, Enrico Letta finirà per risultare simpatico. L’ultima a dargli il calcio dell’asino è la scrittrice partigiana Michela Murgia, strenua paladina dei diritti di gay, lesbiche e trans ma feroce fustigatrice del segretario del Pd, in quanto considerato politicamente troppo fluido perché «bivacca nella medianità».
“Visto che mettersi al posto di Letta è ormai lo sport nazionale, lo facciamo anche noi di Libero e azzardiamo la risposta che il segretario non darà mai alla scrittrice inviperita con lui e strapiena di sé. Cara Murgia, caro Saviano, cari Zoro e Fazio, cari tutti, il centrodestra vi augura lunga vita, vi edita, vi manda in onda e vi mantiene nella ricchezza perché siete i suoi utili idioti, il male interno ma estraneo che ha divorato la sinistra fino ad annichilirla”.
“Siete dei guitti che hanno inguittato la politica e avete rubato l’anima alla sinistra grazie alla complicità”
Non fate politica ma spettacolo, siete degli istrioni e non degli statisti e perciò avete confuso l’identità, che è l’essenza di uno schieramento e il collante con cui esso chiama e trattiene a sé gli elettori, con l’ideologia, che è una merce di consumo, bella fuori e vuota dentro, da dare in pasto al popolo bue. Avete usato i valori della sinistra come un tram, riempiendovene la bocca perché era funzionale e riempirvi le tasche, fino a banalizzarli. “Siete dei guitti che hanno inguittato la politica e avete rubato l’anima alla sinistra grazie alla complicità – e qui a Letta, ma prima di lui a molti altri tocca battersi il petto – nostra, della classe dirigente dem ebbra di potere e riversa su se stessa”.
Se proprio volesse togliersi tutti i sassolini dalle scarpe, il segretario potrebbe anche aggiungere, ad ammonimento per chilo seguirà, che un partito non si guida facendosi dettare la linea dagli intellettuali di riferimento, quando non da personaggi d’avanspettacolo. Allorché infatti si spengono le luci del palcoscenico, l’elettore che torna a casa cerca sicurezze e punti di riferimento e non lo riscaldano le invettive strabordanti di narcisismo di quattro sapientoni atteggiati contro l’avversario, erotomane, ladro, xenofobo, razzista, ignorante, fascista, sessista o in qualsiasi modo sia stato chiamato, né le critiche insulse.