A San Severo i migranti lo conoscono bene e non sembrano parlarne in modo lusinghiero: “L’onorevole? Solo business e non paga…”
Una lunga strada immersa tra i campi delle campagne foggiane ci porta fino al ghetto dei braccianti. Tetti in lamiera, minimarket, bar, ristoranti e alimentari: è tutto improvvisato nella baraccopoli di Torretta Antonacci, che ci accoglie tra saluti curiosi e sguardi più titubanti. Il ghetto che accoglie circa 2500 persone – anche se è impossibile avere un dato esatto in quanto la maggior parte dei migranti non vuole essere registrata – si divide in due parti: la grande tendopoli autogestita e la parte di competenza della Regione. Fuochi, musica e uomini che ci guardano con sospetto: il regno di nessuno è praticamente inavvicinabile.
I camper lungo la strada e le «guardie» – coloro che hanno il compito di controllare chi entra e chi esce – si allertano subito per il passaggio di qualche «straniero». Pochi metri più avanti è tutto diverso: nella foresteria – scenario di tutti i video dell‘onorevole Soumahoro – è presente l’Associazione Anolf, vincitrice del bando della Regione Puglia lo scorso agosto. «Qui sto bene, ho un letto», ci racconta un giovane bracciante. La zona è infatti allestita con moduli abitativi dati dalla protezione civile: ogni modulo ospita 4 persone per un totale di 250. «Questi posti sono pochi, tutti gli altri restano di là al freddo e a dormire per terra», continua Sangari che da anni vive nel ghetto.
Un viaggio all’interno della Coop gestita dalla famiglia dell’onorevole
È quasi ora di cena e, mentre nello spazio autogestito riecheggiano grida e urla, Dudè ci invita ad entrare «in casa». È piccola, due letti a castello e un tavolino in mezzo. Ci sono 30 gradi e il riso è sul fuoco, sui fornelli elettrici sotto il tavolo. «Oggi non lavoro perché piove. Tutte le mattine mi alzo prestissimo per andare nei campi, ci sono i taxi che ci portano e ci riportano dai campi». In realtà la questione trasporto è molto più complessa ed ha a che fare con la criminalità e il caporalato. «Tutte le mattine ci chiedono 3-4-5-6 euro»– prosegue un altro che preferisce non dirci il suo nome. «Sono della Lega braccianti, gli uomini di Soumahoro che controllano tutto», aggiunge. Una dichiarazione importante che giustifica infatti tutte le volte che gli abitanti del ghetto ci hanno allontanato quando abbiamo chiesto proprio della Lega braccianti.
Già, l’onorevole Aboubakar Soumahoro, nei guai per l’apertura da parte della procura di Latina dell’inchiesta che vedrebbe coinvolte moglie e suocera nello sfruttamento dei migranti all’interno delle cooperative di famiglia. Significativo il servizio andato in onda sera su «Quarta Repubblica», il programma di Nicola Porro, a firma di Giancarlo Palombi. La testimonianza è quella infatti di un mediatore culturale che lavorava per la cooperativa Karibu e si occupava di minori non accompagnati. L’uomo racconta di essere stato pagato dai parenti di Soumahoro soltanto due volte, di aver sempre lavorato in nero e di essere stato «accolto» e fatto vivere in condizioni di vita al limite, senza acqua né cibo. A ciò si aggiunge, quindi, la controversa visione dei braccianti pugliesi che hanno da sempre lavorato con lui. «Soumahoro non ha fatto niente, solo chiacchiere e business», dicono. Guardandoci intorno, in effetti, la condizione del ghetto non è cambiata rispetto agli anni passati nonostante i 250mila euro raccolti con la campagna crowfunding «Cibo e Diritti». La «Casa dei Diritti e della Dignità», inaugurata nel 2020 dall’ex sindacalista, non la vediamo. Non c’è niente se non una palestra improvvisata. «Abbiamo recuperato qualcosa per tenerci in forma», raccontano. In realtà si tratta di uno spazio sotto un tendone pieno di buchi dove però, dopo il lavoro, i braccianti trovano sfogo.