Oramai sembra non farci più caso nessuno, ma ci sono i numeri a inchiodare le responsabilità di tutti: un morto ogni tre ore sulle strade italiane
Una vera e propria guerra quotidiana, non solo italiana, che si combatte sulle strade: ogni anno infatti nel mondo le vittime di incidenti stradali mortali sono 1,35 milioni, e sono la prima causa di morte per gli under29.
Una strage silenziosa che coinvolge chi è alla guida di auto, moto, monopattini, ma anche passeggeri e pedoni che rimangono feriti o perdono la vita. Ora non basta più l’opera di sensibilizzazione, ma andrebbero presi provvedimenti seri e drastici per fermare la mattanza.
Un morto ogni tre ore sulle strade
I numeri sono in peggioramento
Ma gli ultimi dati diffusi dall’Aci sono a dir poco ancora più preoccupanti. Più 24,7% di incidenti, +25,7% di feriti e +15,3% di vittime nei primi sei mesi dell’anno. A luglio, agosto e settembre, nei fine settimana, abbiamo avuto in media tra i 32 e i 35 morti, il che lascia pensare che a fine anno il saldo totale potrebbe sfiorare o tornare a superare le 3 mila vittime, un ritorno purtroppo ai livelli pre pandemia. “Sulle strade italiane muoiono 8 persone al giorno, una ogni tre ore. Una strage silenziosa che va fermata con ogni mezzo”, ricorda Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, l’Associazione amici sostenitori polizia stradale, proprio alla vigilia della Giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada, che aggiunge “di non farne una ricorrenza e basta, quasi un rituale, un catalogo di buone intenzioni che lascia le cose come stanno”.
Oltre l’educazione stradale e il rispetto per la propria vita e soprattutto per quella altrui, non c’è un ricetta magica che potrebbe risolvere il problema, ci vorrebbe maggiore attenzione dei media nel sensibilizzare la gente, ci vorrebbero più controlli sulle strade da parte degli organi preposti, quindi un maggiore dispiegamento di pattuglie sulle strade. Tudor per controllare la velocità, ma anche più controlli sui conducenti dei veicoli: ‘Patente, libretto e soffio devono diventare un abitudine“.