La maternità surrogata da noi è vietata, ma il regolamento europeo punta a far riconoscere in tutti gli Stati la genitorialità concessa da un singolo Paese. Lega furiosa
Dopo aver annunciato la strategia della Commissione per il rafforzamento dei diritti delle persone LGBT, la numero uno dell’Esecutivo Europeo aggiunge: «In questo contesto, mi impegnerò anche per il riconoscimento reciproco delle relazioni familiari nell’Unione europea. Chi è genitore in un Paese, è genitore in tutti i Paesi». Si tratta di un assunto apparentemente ovvio e scontato. Ma non è così, se si considera la diversa concezione genitoriale nei vari ordinamenti europee, espressione di culture diverse. Alcuni dei quali hanno sancito la liceità dell’utero in affitto, pratica che qui in Italia è vietata ma che potremmo esser costretti a subire, qualora il cammino normativo della Commissione dovesse andare in porto. Sì, perché il percorso è iniziato, e procede.
Il primo passo sostanziale è stato, nell’aprile dello scorso anno, la pubblicazione sul sito della Commissione Europea della “tabella di marcia per l’iniziativa sul riconoscimento della genitorialità transfrontaliera”, in modo da superare il principio secondo cui le famiglie che si trovassero a viaggiare all’interno dell’Unione o a prendere la residenza in uno degli Stati membri possono vedere non riconosciuta la genitorialità dei propri figli. Da lì, è stata aperta una sorta di consultazione web con i cittadini, che potevano lasciare dei commenti sul tema. E basta andare sul sito della Commissione, al link dedicato, per leggere come molti di essi puntassero il dito proprio sul rischio legittimazione utero in affitto. Poi è iniziata la fase di audizioni pubbliche con alcune organizzazioni della società civile e incontri con esperti indipendenti della Commissione.
“C’è la possibilità di riconoscere più di due genitori in futuro…”
Nella seduta plenaria all’emiciclo di Strasburgo, la Commissaria per l’Uguaglianza Helena Dalli ha anticipato che la proposta dell’Esecutivo Ue sulla «genitorialità transfrontaliera» avrà la forma giuridica di Regolamento, dunque vincolante per gli Stati membri. La pubblicazione potrebbe avvenire nelle prossime settimane. Ora, prima dell’entrata in vigore del regolamento serve l’assenso del Consiglio Europeo (l’organismo che riunisce i Capi di Stato e di governo), dopo una consultazione del Parlamento.Dunque servirà del tempo; però il tema esiste, ed è una sorta di ghigliottina pronta a scattare sui nostri retaggi giuridici e culturali. Con delle prospettive che rischiano di andare oltre l’utero in affitto e, spiega a Libero l’eurodeputata della Lega Simona Baldassarre che da tempo segue il dossier, potrebbero includere anche «la plurigenitorialità, come già proposto in Olanda nel 2019.
Insomma- prosegue la parlamentare – se in Olanda fossero considerate famiglie quelle con tre padri e due figli comprati nel triste mercato degli uteri in affitto in Ucraina, in Italia dovremmo riconoscere questo pastrocchio». L’ipotesi, infatti, non è per niente peregrina. Ed è comprovato da quel che, qualche mese fa, ebbe a riconoscere il Presidente della Commissione Giuridica Vazquez Lazara. Nell’ambito della gestazione della disciplina, ha detto, «abbiamo anche proposto di riconoscere più di due genitori, potrebbe accadere in futuro». Aprirebbe la strada ai ricchi turisti della procreazione per fare nel nostro Paese ciò che vogliono, spacciando il primato del mercato e dei denari come diritti». Il tema, peraltro, assume anche un’implicazione linguistica. Nel suo intervento alla plenaria, denuncia Baldassarre, il Commissario Dalli ha sostenuto «che per tutelare le famiglie arcobaleno nei loro spostamenti nell’Ue, gli Stati dovrebbero utilizzare il termine “consorte”, perché più “gender-neutral”, in contrapposizione ovviamente a “moglie” e “marito”. Un passo in più verso lo stesso principio di “genitore 1” e “genitore 2” che la sinistra ha cavalcato in questi anni in Italia». Insomma, le pattuglie della polizia linguistica accendono i motori.