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Sport

Mondiali in Qatar 2022: operai deceduti durante la costruzione degli stadi, arriva l’ammissione

Published by
Veronica Brunetti

Critiche e controversie circa lo sviluppo dei Mondiali in Qatar non accennano a diminuire, al contrario, in questi giorni ad alimentare la bufera sulla competizione internazionale arriva l’ammissione da parte delle autorità del Qatar di circa 400-500 morti durante la costruzione degli stadi destinati ad ospitare le gare.

Ammissione nebulosa, volta a nascondere gli aberranti retroscena circa le condizioni di lavoro e le reali cifre dei decessi denunciati da Ong e inchieste giornalistiche.

Operai Mondiale Qatar – Notizie.com

Proprio mentre negli Stadi si gioca all’inseguimento della vittoria, tuona l’ammissione del Qatar circa numerosi decessi durante la costruzione degli impianti sportivi. Il Segretario generale del Comitato Supremo del Qatar per la Coppa del mondo Hassan al Thawad alla trasmissione televisiva “Uncensored” risponde alle accuse circa le condizioni dei lavoratori migranti parlando di circa 400-500 operai, a fronte delle cifre nettamente maggiori denunciate da Amnesty International e dall’inchiesta del “The Guardian”.

L’ammissione del Qatar e la Guerra dei Numeri

Al Thawad prosegue sottolineando di come quelle fossero “cifre che si riferivano alle statistiche nazionali, relative al periodo 2014-2020 e riguardanti tutti gli incidenti mortali sul lavoro, a prescindere dal settore d’impiego e dalla nazionalità” e di non avere dati più precisi. Di fatto l’inchiesta del The Guardian avviata nel 2021 parla di circa 6.500 lavoratori migranti deceduti nei cantieri in vista del Mondiale. Il quotidiano britannico accende i riflettori sulle controversie riguardanti lo svolgimento delle competizioni in uno Stato dalle dimensioni esigue ma oggetto di accuse dalla portata enorme.

Di fronte a queste 6.500 salme, il Governo di Doha riconosce come morti effettive sul lavoro circa 40 decessi. Numero irrisorio se posto in relazione al report condotto da Amnesty International del 2021 nel quale le autorità qatariote vengono duramente tacciate di non aver condotto “investigazioni adeguate” nel certificare le morti di lavoratori migranti da Nepal, Sri Lanka, Bangladesh, India, Pakistan, limitandosi ad attribuire le cause dei decessi a cause naturali o “scompensi cardiaci”.

Hassan al Thawad – notizie.com

Nella Guerra dei Numeri sulle effettive perdite causate dai lavori per la preparazioni dei Mondiali del 2022 il vero sconfitto lo identifica Steve Cockburn di Amnesty: “Nell’ultimo decennio migliaia di lavoratori sono tornati in patria in una bara, senza che i loro familiari ricevessero una spiegazione. Queste famiglie soffrono ancora di più a causa dell’insicurezza economica in cui sono piombate dopo la perdita dei loro cari”.

Vittime del lavoro e della repressione

Tra le tante pagine volte a fare luce sulle oscure condizioni di lavoro degli operai in Qatar elemento mai trascurato risiede nelle alte temperature che si abbattono sullo stato arabo, ci si aggira attorno ai 37.7°C per cinque mesi all’anno, senza dimenticare che il tutto fa da sfondo ad orari di lavoro massacranti e condizioni di sicurezza prossime allo zero. Lo svolgimento dei Mondiali in Qatar apre le porte a discussioni necessarie e sulle quali è impossibile tenere ancora la bocca serrata.

Operai in Qatar – Notizie.com

Il non-riconoscimento dei diritti LGBTQA+, il divieto di indossare la fascia arcobaleno durante le competizioni, le restrizioni denunciate dai partecipanti Occidentali, sembrano quasi elementi anacronistici, al contrario essi sono attuali e vivi oggi più che mai, il non agire, il restare ad ascoltare di decessi e limitazioni della libertà contribuisce a rafforzare scenari relativistici che quasi raccontano di mondi incommensurabili, impossibili da unire o tantomeno decifrare. Sulla vita degli uomini, però, valgono diritti inalienabili e nonostante la lontananza geografica pensare ad una tragedia in un cantiere può solo portare alla mente i tristi racconti di cronaca circa incidenti mortali che hanno avuto luogo in Stati che vantano il secondo nome di democratici.

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Veronica Brunetti