Uno studio della Northwestern University sta cercando di scoprire il segreto per combattere l’invecchiamento delle cellule cerebrali. Per riuscirci si stanno studiando gli stili di vita di persone ultraottantenni che mantengono una memoria di ferro nonostante l’età
Quando passano gli anni, uno dei problemi principali riguarda la perdita della memoria, che nei casi più gravi può sfociare nell’Alzheimer. Un problema che tocca purtroppo tante persone e che gli scienziati stanno provando ad analizzare. Per farlo, quelli della Northwestern University di Chicago, stanno prendendo in esame gli stili di vita di anziani molto speciali, che nel gergo vengono definiti “SuperAgers”.
Si tratta di individui che nonostante abbiano superato gli ottant’anni ricordano tutto perfettamente, migliore di molti ragazzi tra i 20 e i 30 anni. Con loro è stato avviato un programma, dal quale è emerso che queste persone abbiano ancora intense relazioni sociali e siano circondate da parenti ed amici, oltre a svolgere attività come dedicarsi alla lettura di libri o cimentarsi nelle parole crociate. Alcuni di loro hanno già acconsentito a lasciare il loro cervello a disposizione della scienza dopo la loro morte, per consentire di proseguire gli studi ai volontari dell’università, che tra l’altro nella sua storia ha già laureato 23 premi Nobel.
Una delle SuperAgers più studiate è l’85enne Carol Siegler: lei, oltre ad avere una memori di ferro, va in palestra diversi giorni alla settimana, fa volontariato, partecipa alle feste con amici e parenti, risolve cruciverba ogni giorno e legge ogni tipo di libro. Nonostante questo dice comunque di annoiarsi, come confessato in un’intervista rilasciata alla Cnn: “Mi sento come un’auto sportiva usata, come un carrello da supermercato. Ho un’ottima memoria, l’ho sempre avuta. Ero la ragazza alla quale potevi chiedere il numero di telefono di qualunque amica, perché era impresso nella mia testa“.
Grazie anche agli studi sul suo cervello gli scienziati hanno scoperto che la corteccia dei SuperAgers è rimasta molto più spessa di quella di persone tra i 50 e i 60 anni, l’età nella quale solitamente comincia a restringersi e a perdere colpi. Inoltre, nel cervello degli ottantenni che ricordano tutto ci sono tre volte meno “grovigli neurofibrillari di proteina tau“, cioè i responsabili dell’invecchiamento cognitivo.
Ma ci sono dei modi per rendere così quello di ciascuno di noi? Si tratta fondamentalmente di qualcosa di genetico, ma ciò non significa che non lo si possa aiutare. Il cervello infatti è come un muscolo, si spegne se smettiamo di usarlo. Quando lo teniamo allenato quotidianamente, invece, questo continuerà a funzionare anche sul lungo periodo.