E’ la nuova moda del momento, soprattutto tra le donne francesi, riprendere in mano ferri e gomitolo di lana e ribellarsi agli stereotipi
Sta lentamente prendendo sempre più piede in Francia, soprattutto a Parigi, dove molte donne, terminato il loro orario di lavoro, si ritrovano in qualche bar e mentre bevono una birra o un bicchiere di vino e si scambiano opinioni sui fatti del mondo sferruzzano a maglia come facevano le loro nonne.
Secondo un’inchiesta portata avanti dal quotidiano francese Le Monde, molte giovani donne starebbero recuperando questa pratica a lungo considerata obsoleta, per persone sole e anziane, adattandola ai codici e alle esigenze del tempo moderno, quasi come una rivincita femminista sugli stereotipi di sempre.
L’emancipazione è tornare al passato
Lavorare la maglia con i ferri non è stato soltanto un passatempo delle nostre nonne, ma dalla Rivoluzione francese alla seconda guerra mondiale è stato anche un significativo metodo di spionaggio. Famose erano “le tricoteuse” che durante la Rivoluzione francese se ne stavano sedute davanti alla ghigliottina gridando insulti e agitando i loro ferri per la lana in mano, un modo per battersi, all’epoca, a favore dei diritti delle donne, contro il patriarcato e l’aristocrazia che le lasciava ai margini della società.
In piccolo è quello che sta accadendo in Francia, dove sempre più giovani, al termine dell’orario di lavoro, dopo la giornata passata magari in ufficio, si ritrovano al bar a lavorare a maglia mentre si discute dei fatti del mondo. Un’ultima frontiera femminista che le giovani francesi percorrono riprendendo in mano un mestiere considerato oramai datato e per persone oltre una certa età.
I ferri per la lana come arma di contestazione
Negli ultimi anni lavorare a maglia è diventato sempre più un trend tra le giovani ragazze che hanno cercato di sdoganare la pratica di questa attività come hobby per i pensionati e per le donne in gravidanza, intente a realizzare il primo cappellino per il nascituro, al contrario brandiscono i ferri come un’arma quasi militante. “Mi piace che questa pratica non sia limitata alla casa e alla sola ora del tè”, ha raccontato al quotidiano francese una giovane che aveva imparato a lavorare a maglia da bambina, “nel corso di questi aperitivi si parla di femminismo, cambiamento climatico e tanti altri argomenti politici.
In effetti, lavorare a maglia è un’ottima scusa per incontrare persone”. Il “fare la calza” sembra oggi essere il simbolo della protesta e negli ultimi anni diverse sono state le manifestazioni per la difesa dei diritti delle donne che hanno messo in primo piano questa attività. L’ultima negli Stati Uniti dove i pussyhats, i cappellini rosa, diventarono nel 2017 il simbolo della protesta Women’s March di Washington.