Alessia Piperno ha raccontato il suo periodo in carcere in Iran sul suo account di Instagram. “Cosa serve per fermare tutto questo?” continua a ripetersi
Sono stati 34 giorni interminabili per lei e soprattutto per la sua famiglia. Visto che la stessa continuava a non ricevere più sue notizie. Poi la liberazione avvenuta qualche settimana fa. Alessia Piperno ha raccontato con un post, sul suo account di Instagram, quello che ha vissuto nel carcere di Teheran. Non è stato affatto facile per lei. Non solo: ha raccontato anche delle sua compagna di cella. Un volto molto conosciuto nel Paese visto che si tratta di una donna di sport.
Stiamo parlando di Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo. Non solo: anche madre di tre figli. Purtroppo la magistratura iraniana l’ha condannata a morte. Motivo? Aver protestato, insieme ad altre persone, contro il regime. Per la donna sono scattate le manette durante una manifestazione a Pakdasht. Considerata di essere una delle leader del movimento, avrebbe preso a calci un paramilitare. In quei 34 giorni Alessia è stata la sua compagna di cella, nel carcere di Evin.
La 30enne romana ha raccontato di averla vista l’ultima volta perché doveva andare in infermeria. Solo che nella cella non è più tornata. Non ci sono state grandi conversazioni visto che l’italiana non conosceva la sua lingua e l’altra donna non parlava inglese. Una cosa, però, che le accomunava c’era: la paura ed il dolore. Una volta che Alessia è uscita dal carcere, ogni giorno, ha cercato su internet il suo nome. Fino a quando non ha letto quella frase che non potrà mai dimenticare: “Condannata a morte“.
Alessia Piperno ed il suo racconto del carcere di Evin
In merito a ciò la 30enne ha ribadito un suo pensiero: “Cosa serve per fermare tutto questo?“. Questa è una parte del messaggio postato da Alessia sul suo account di Instagram: “Sei bianca come quel muro. A forza di guardarlo ha mangiato i tuoi respiri. Le tue urla sono come il silenzio. ‘AZADI! AZAD!!’. Vorrei dirti di più, ma che ti dico? ‘Fatimah, Athena, Mohammed’. Continui a gridare i nomi dei tuoi figli, avranno sentito il tuo eco o l’amore non viaggia attraverso le sbarre?
Ci schiacciano come foglie secche. Loro non hanno cuore. Ti butti a terra con la testa tra le mani. Domani è un giorno nuovo, magari saremo libere, anche se sì, hai ragione, te l’ho detto anche ieri. Arriva la pasticca che ci canterà la ninna nonna, ti prendo la mano, è quel poco che posso fare, metti la testa sotto la coperta, almeno lì le luci sono spente, guarda il cielo, le vedi anche tu le stelle? Buona notte Fahimeh“.