La proposta del ministro della Giustizia per cercare di dare una smossa e trovare la giusta soluzione: solo così si interrompe il reato
Esulta il senatore di Azione-Iv Ivan Scalfarotto: «Le parole del ministro Carlo Nordio sul reato di corruzione fanno sperare sia davvero la volta buona per cambiare questa giustizia». È la prima reazione a caldo a ciò che ha detto ieri sera il neo Guardasigilli, partecipando alla Farnesina a un evento organizzato per la Giornata internazionale del contrasto alla corruzione.
«Oggi – ha dichiarato Nordio – corrotto e corruttore sono tutti e due punibili e quindi hanno interesse a tacere quando vengono interrogati dal magistrato. Bisognerebbe perciò interrompere questa convergenza di interessi e far sì che chi ha pagato sia indotto a collaborare». Come? «Attraverso l’impunità – ha aggiunto – oppure una profonda revisione dello stesso reato di corruzione». Perché, spiega il Ministro della Giustizia, l’obiettivo è «fare in modo che uno dei due collabori, altrimenti di quel reato non sapremo mai nulla», ha chiosato l’ex pm che indagò sulle ruberie legate al Mose di Venezia, «il più grande episodio di corruzione nazionale», come lo ha definito lui stesso.
“In questi 25 anni sono state inasprite pene per la corruzione ma non è servito a nulla”
Ma non può essere «la minaccia della galera a indurre una persona a parlare», ha ammonito il Guardasigilli, perché in questo modo «cadremmo nella barbarie giuridica». Parole destinate a far rumore: «In questi 25 anni sono state elaborate varie leggi anticorruzione, sono state inasprite pene, ma non è servito a nulla. La conclusione che ho maturato è che è inutile cercare di intimidire il potenziale corrotto: non lo sarà mai dal numero delle leggi e dall’asprezza delle pene, perché sarà sempre convinto di farla franca». E allora? Secondo il ministro, sarebbe necessario piuttosto «togliere al corrotto le armi che lo inducono a farsi corrompere. E queste armi sono paradossalmente le leggi». Nordio ha anche ricordato che il nostro Paese ha una produzione normativa «10 volte superiore alla media europea». E più vi sono leggi – è la sua tesi – «più vi è confusione nella individuazione delle competenze e delle procedure».
Ha fatto un esempio chiarissimo: «Se una persona deve bussare a 100 porte per ottenere un provvedimento, aumenta in modo esponenziale la possibilità che una porta resti chiusa, sino a quando qualcuno si presenterà dal cittadino che bussa e gli chiederà o gli imporrà di ungere la serratura». Così, la soluzione migliore a parer suo sarebbe «una delegificazione rapida e radicale». Ma non solo: «Ridurre le leggi» sì, ma anche «individuare bene le competenze e semplificare le procedure». Sempre ieri sera il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha annunciato che al prossimo G7 chiederà «la costituzione di un gruppo di lavoro anti-corruzione». Mentre il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha assicurato massima attenzione sulle risorse del Pnrr su cui da tempo puntano gli occhi le mafie.