Simone Bianconi, 10 anni a Spalato tra le accademie locali, svela il segreto dei risultati della Nazionale di Dalić: “Doveste vedere con i vostri occhi!”
Dal 1998 al 2022, tre volte in semifinale ai Mondiali. Una vera impresa, altroché: come se ci riuscisse una selezione composta da soli calciatori nati in Toscana. Il numero di abitanti, più o meno, è lo stesso della Croazia. Fuori il Brasile, favorita numero uno in Qatar. Fino a quando non ha incontrato sulla propria strada Modric e compagni. “Non è una sorpresa, le statistiche dicono il contrario…”: spiega Simone Bianconi, tra i fondatori della Sport Events Society. Calcio a 360°, da 10 anni vive a Spalato creando collaborazioni tra club italiani e accademie locali. Esperto di calcio croato, ha parlato in esclusiva a Notizie.com.
Sig. Bianconi, vive e respira la Croazia quotidianamente. Si aspettava una nuova impresa?
“Qui in Croazia ci sono sempre tante aspettative, di certo l’attesa non era la stessa del 2018. Il gruppo è composto da tanti calciatori diversi rispetto a quelli in Russia e negli ultimi anni le prestazioni non erano state troppo convincenti. Anche Dalić era stato un po’ criticato. Veniva considerato un grande motivatore, ma con qualche pecca dal punto di vista tattico”.
La partita con il Brasile è stata sensazionale da ogni punto di vista.
“Una gestione perfetta del pallone e dello spazio. Adesso c’è grande compattezza e fiducia. Manca forse un calciatore di livello assoluto in attacco, uno alla Mandzukic, che possa fare reparto da solo. Ma Livaja, Orsic e Petkovic sono ottimi giocatori, stanno facendo molto bene”.
Ora la sorpresa Croazia punta a vincere il Mondiale.
“Tutto è possibile, questo Mondiale è molto strano. Contro l’Argentina sarà dura, era stata battuta 3-0 in Russia, un precedente che forse fa un po’ paura. Comunque non definirei la Croazia una sorpresa, la statistica e i numeri dicono il contrario. E poi più si va avanti, più la Nazionale si compatta. Cresce col tempo, ogni calciatore si sente parte della Nazionale e del Paese”.
Il senso di appartenenza sta facendo la differenza?
“Dalić sotto questo aspetto è fantastico. Nel 2018 aveva fatto leva sul patriottismo, sul rappresentare la Croazia non solo dentro al campo. Ha avuto un grande seguito mediactico, anche da parte della popolazione. I giocatori lo percepiscono. Se non ti metti a disposizione totale, allora non puoi entrare in Nazionale”.
Tanti calciatori si stanno esaltando in Qatar.
“Gvardiol sta impressionando. La cosa positiva, comunque, è vedere protagonisti Livakovic, Orsic e Livaja. Giocano in Croazia, chissà se si muoveranno a gennaio, non sarà facile trattenerli. Il campionato nazionale è indietro rispetto agli altri top, non c’è dubbio. È ricco di tecnica, ma i ritmi sono più bassi. Non può ancora competere con le altre grandi leghe, lo vediamo nelle coppe europee. La spina dorsale, poi, è formata da altri più esperti. Da Modric a Brozovic, passando per Vlasic e Pasalic. Quest’ultimo lo ricordo 16enne, lo seguivamo con la Juniores dell’Hajduk Spalato, lo proponemmo a diversi club italiani. Non l’hanno preso e si sono mangiati le mani quando anni dopo è passato all’Atalanta per una cifra superiore”.
C’è un segreto dietro ai risultati?
“Nasce in patria tutto ciò che matura all’estero. In Croazia la cultura dello sport è straordinaria. Ci sono 4 milioni di persone. Pensate che Spalato ha 200mila abitanti ed è la città con il numero superiore di medaglie vinte alle Olimpiadi da cittadini nati nella stessa città. I bambini giocano ancora per strada, ci sono campi di ogni tipo, palla a mano, basket, calcetto. Tutte le scuole hanno palestre che organizzano qualcosa di concreto. Lo sport rimane un riferimento anche se c’è il rischio che i ragazzi, con la tecnologia che aumenta, si pieghino maggiormente come successo in Italia”.
Resiste l’essenza dello sport, insomma.
“Dovreste vedere i 65enni che giocano ancora a calcetto… Ogni accademia realizza qualcosa di sbalorditivo, riesce a lanciare ragazzi in palcoscenici importanti. C’è un’enorme coscienza del talento che la natura ha donato e non si trascura. La testa a volte può tradire i ragazzi, soprattutto quando il talento prende il sopravvento totale sulla razionalità. Ma ora ci sono tante persone che hanno esperienza e che aiutano a formare i calciatori del futuro”.