L’esponente Dem si dimette da consigliere comunale per poter restare presidente dell’Egato di Frosinone, nonostante le indicazioni del partito fossero diverse
Buschini molla la poltrona, ma se qualcuno sta pensando che dica addio a quella da ottomila euro al mese come presidente dell’Egato rimarrà deluso. L’esponente dem lascia quella da consigliere regionale, a due mesi dalle elezioni, e lo fa proprio per tenersi stretta quella del nuovo ente che a Frosinone gestirà i rifiuti, evitando così l’incompatibilità. Tanto che in Regione hanno convocato per oggi la giunta delle elezioni, al fine di nominare il consigliere che lo sostituirà.
Con il Pd bersagliato dalle accuse di essere il motore di una stipendiopoli e di essere impegnato a garantire un posto ricco e sicuro ai consiglieri uscenti più che a cercare di recuperare consensi, alla fine della settimana scorsa il presidente vicario Daniele Leodori ha stoppato le assemblee convocate per eleggere i vertici degli Egato. Troppo imbarazzanti quelle poltrone da ottomila euro al mese per il presidente e da quattromila per i consiglieri. «Al fine di liberare dalla discussione elettorale la costituzione degli Egato, sono rinviate le convocazioni dei sindaci per la loro costituzione. Le assemblee mancanti saranno aggiornate dopo il voto del prossimo 12 febbraio», ha dichiarato Leodori. E ha anche aggiunto che «il nuovo consiglio regionale, se lo riterrà opportuno, interverrà sulla remunerazione degli organismi direttivi».
Vuole restare all’Egato e lasciare il posto al consiglio
Una decisione che ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’aspirante governatore dem Alessio D’Amato, attuale assessore regionale alla sanità. «Decisione saggia da parte del presidente vicario Daniele Leodori sugli Egato che sgombera il campo da polemiche e strumentalizzazioni. Nel mio programma ci sarà la riduzione delle indennità voluta da un emendamento dei 5stelle», ha annunciato il candidato presidente, nonostante quei maxi stipendi siano stati approvati dallo stesso Partito democratico. Leodori però è potuto intervenire sulle assemblee che dovevano essere ancora convocate, ma nulla ha potuto fare per Frosinone, dove i sindaci, come previsto, hanno già eletto Buschini presidente e come membri del cda un candidato dei dem, uno dei civici, uno di Azione e uno della Lega, facendo scattare l’espulsione di quest’ ultima dal Carroccio, che l’ha messa alla porta insieme al capogruppo in consiglio provinciale che l’ha sostenuta. Resta la questione di opportunità. Una corsa a tre per le regionali a Frosinone, con in campo Buschini, il presidente della Provincia, Antonio Pompeo, e la consigliera Sara Battisti, si trasformerebbe in una guerra feroce all’ultimo voto, a danno di tutti i candidati dem.
L’ex presidente del consiglio regionale, che l’anno scorso aveva fatto un passo indietro davanti allo scandalo Allumiere, per evitare ulteriori difficoltà al Pd potrebbe comunque lasciare quell’incarico da ottomila euro al mese ed evitare di essere l’unico nel Lazio a godere di quella poltrona, ottenuta prima delle elezioni e blindata per cinque anni. Non sembra però questa l’intenzione di Buschini, che ha appunto detto addio al consiglio regionale e si prepara in tal modo a un quinquennio da numero uno dell’Egato. Intanto i 5S cercano di difendersi e rivendicano la bontà dell’emendamento per lo stipendio da ottomila euro al mese, sostenendo che quello previsto inizialmente era da 13.800. «Abbiamo fatto risparmiare oltre 400mila euro», sostengono.