Un emendamento alla Manovra vorrebbe modificare il Jobs Act con riferimento ai dipendenti dei gruppi in Parlamento e alle Regioni. Se dovesse passare addio al tempo indeterminato
Sarebbe una novità assoluta che avrebbe del clamoroso. Stiamo parlando dell’emendamento 64-bis alla Manovra. L’emendamento sarebbe già tra quelli segnalati, ossia quelli che supereranno la maxi-tagliola prevista per domenica 18 dicembre. Con esso si apporterebbero delle modifiche sostanziali al Jobs Act con le quali tanti dipendenti di Parlamento e Regioni direbbero addio al posto fisso.
Si tratta di quei dipendenti assunti presso i gruppi parlamentari di Camera e Senato, nonché quelli che lavorano alle dipendenze dei Consigli Regionali. L’emendamento 64-bis porta delle firme illustri: Schullian, Foti, Serracchiani, Molinari, Silvestri, Cattaneo, Richetti, Zanella, Lupi. Un consenso ampio che fa pensare ad una forte possibilità che la modifica passi. In ogni caso si tratta di un provvedimento che ha una sua logica, quella di legare il rapporto fiduciario tra datore e dipendente allo svolgimento dei compiti derivanti dalla legislatura, e, una volta venuta meno quest’ultima, va da sé che venga meno anche la causa che lega i soggetti del rapporto di lavoro in questione. Inutile negare che l’emendamento 64-bis porterebbe una vera rivoluzione per queste categorie, positiva per chi riuscirà così ad evitare la precarietà, negativa per chi dovrà dire addio al tempo indeterminato.
Le modifiche al Jobs Act dell’emendamento 64-bis: addio all’indeterminato ex lege
L’emendamento è intitolato <<Deroga della disciplina dei contratti a tempo indeterminato>>. Per la categoria dei dipendenti “onorevoli” si creerebbe così una regolamentazione ad hoc. La modifica riguarda gli articoli 19, 21 e 23 del Jobs Act, la famosissima legge portabandiera del Governo Renzi. In sostanza si derogherebbe alle disposizioni per cui dopo 36 mesi di contratto a tempo determinato o dopo 5 rinnovi sempre a tempo determinato scatta ex lege il contratto indeterminato.
Il dipendente dei gruppi seguirà così le sorti della legislatura. Un contratto di 5 anni se tutto dovesse filare liscio, meno nel caso di incidenti di percorso. Emendamento che si legge avrà anche efficacia retroattiva, in questo caso però sarà onere del datore di lavoro e del dipendente stipulare un accordo in merito. Portaborse e Co. dovranno perciò trovarsi un altro lavoro. Questo non è però un cambiamento esclusivamente in negativo per la categoria.
Difatti spesso – non certamente per i nomi altisonanti di turno assunti come consulenti ai gruppi parlamentari – questi dipendenti vivono nella precarietà di un contratto che sanno poter durare massimo 36 mesi, prima di essere sostituiti da un nuovo precario. Per loro ci sarà una stabilizzazione, chi invece ne ha fatto un escamotage per trovare il posto fisso sarà costretto a guardarsi intorno per cercare un nuovo lavoro al termine della legislatura.