Nel Cas ” Rehema” c’erano dei pezzi d’arredamento appartenenti alla famosa famiglia criminale La circostanza finì in un atto parlamentare ma nessuno indagò
All’interno del garage di un centro per migranti gestito dalla coop della moglie e della suocera del deputato Aboubakar Soumahoro erano custoditi mobili dei Casamonica. L’inquietante sospetto venne riferito quasi quattro anni fa dall’allora senatrice Elena Fattori, passata dal Movimento 5 Stelle a Sinistra Italiana, all’allora sottosegretario agli interni Luigi Gaetti. E a distanza di così tanto tempo sembra sia rimasto tale, scrive Repubblica. A quanto pare infatti la relazione della parlamentare, che l’11 marzo 2019 visitò il Cas « Rehema » , non sarebbe mai finita sul tavolo di un investigatore e men che meno su quello di un magistrato. Esploso il caso delle coop di Maria Therese Mukamitsindo e dei suoi familiari, tra cui la figlia Liliane Murekatete, al centro di un’articolata inchiesta della Procura di Latina che ha già portato la Guardia di finanza a sequestrare 640mila euro alle imprenditrici dell’accoglienza, la senatrice ha sostenuto che in quel centro gestito dalla Karibu non avrebbe ospitato neppure i suoi cani e che della vicenda aveva parlato anche con Nicola Fratoianni.
Al mistero dei presunti mobili dei Casamonica nessuno però ha fatto cenno. Chi riferì quel particolare alla Fattori mentì? Qualcuno millantò che il mobilio appartenesse al clan rom? Interrogativi al momento senza risposta. «Mi ricordo della relazione», assicura Gaetti. Ma l’ex sottosegretario non informò di quel documento gli investigatori e a quanto pare il dossier rimase al Viminale, durante il Governo gialloverde, quando il ministro dell’interno era Matteo Salvini, senza che venissero fatte particolari verifiche e appunto senza che venissero fatte delle indagini. Non resta così che tornare alla relazione della Fattori, che Repubblica ha potuto leggere. A chiedere un’ispezione all’allora senatrice sarebbe stata una dipendente del Cas di Aprilia, grande centro al confine tra le province di Latina e Roma.
L’ennesima storia oscura della famiglia Soumahoro
L’onorevole appurò che l’immobile dove erano ospitati i migranti era di un uomo originario di Messina e residente a Frascati, che era stato affittato da un avvocato e da quest’ ultimo subaffittato, a quanto pare per 10mila euro al mese alla Karibu. «Quando all’improvviso si alzò il pavimento e ci fu bisogno dell’intervento dei vigili del fuoco – scrisse la Fattori nel rapporto consegnato all’allora sottosegretario Gaetti – la suddetta dipendente conobbe gli affittuari della struttura. In questa circostanza è venuta a conoscenza della presenza di alcuni mobili stipati nel garage, perché messa in allerta dallo stesso avvocato.
Alla domanda se conoscesse di chi fossero le fu detto che erano della famiglia Casamonica. La responsabile, che in quel momento era in ufficio con loro, disse che ne era a conoscenza». La senatrice aggiunse poi che nei giorni seguenti, stando al racconto della dipendente del Cas, nel garage, insieme all’avvocato, si recarono la moglie di Soumahoro e la segretaria, «per controllare se il mobilio fosse tenuto in sicurezza » , riconfermando «che bisognava stare attenti perché quei mobili appartenevano a una famiglia importante » . La parlamentare precisò infine che la dipendente della struttura non aveva « documenti, foto o qualunque materiale utile a provare la presenza di questi mobili». Nessuno però avrebbe indagato e quello dei Casamonica appare destinato a restare un giallo. Karibu Maria Therese Mukamitsindo, al vertice della coop, e a destra la figlia Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro.