Presentati gli emendamenti della maggioranza: venerdì la fiducia Il Pd sbraita contro lo “scudo fiscale”, mai entrato nel documento
La giornata davanti alla Sala del Mappamondo, dove da giorni è riunita la commissione Bilancio per approvare la manovra – quarto piano di Montecitorio – è un misto tra il Deserto dei Tartari e Aspettando Godot. Dopo una sfiancante seduta notturna passata a leggere il testo, ma senza i pareri del governo sui singoli emendamenti, si aspetta la convocazione dell’Ufficio di presidenza. Trattasi del gruppetto che deve decidere tempi e modalità dell’esame della manovra. Inizialmente è convocato per le 14. Poi per le 16,30. Poi per le 19,15. Tutto fermo perché, si spiega, mancano i pareri del governo sui singoli emendamenti. E mancano perché non c’è accordo tra governo e partiti. Ma anche perché la Ragioneria deve verificare la copertura di ogni emendamento. Intanto, però, il tempo passa. Ogni tanto qualcuno esce e cerca di minimizzare. «Stiamo lavorando sulla riformulazione degli emendamenti», spiega Federico Freni, sottosegretario al Mef della Lega.
Colpa dei tempi oggettivamente stretti, dell’inesperienza, dei partiti che vogliono portare a casa qualcosa. A un certo punto, intorno alle 14,30, da fonti del Mef (leggi Giancarlo Giorgetti) si lancia una piccola bomba: «Se il Parlamento ritenesse di non modificare la manovra, per il Mef il testo già approvato in cdm va benissimo e sarà quello presentato in Aula e sul quale si porrà la fiducia, con l’eccezione della riformulazione sul Pos». Tradotto: se non siete in grado di approvare la manovra nei tempi stabiliti, il testo va in Aula così com’ è. Sarebbe una prima in assoluto.
“Il ministero dell’Economia ha lavorato in questi giorni con il Parlamento e farà quel che vorrà il Parlamento”
Infatti le opposizioni si sollevano. Due ore dopo Freni, il vice di Giorgetti, risponde alla nota trapelata dal Mef: «Il ministero dell’Economia ha lavorato in questi giorni con il Parlamento e farà quel che vorrà il Parlamento». Tradotto: è il Parlamento che decide come andare avanti e dunque se e quando portare in Aula la manovra. Intanto, nella lunga attesa, si consuma un altro giallo che aumenta la tensione tra partiti e Mef. A un certo punto gira voce che si voglia presentare, tra gli emendamenti dei relatori, uno che depenalizza i reati tributari. L’autore sarebbe l’azzurro Francesco Paolo Sisto. Ma si tratterebbe di una iniziativa personale, non concordata nemmeno con Fi.
Giuseppe Conte convoca i giornalisti davanti a Montecitorio in assetto di guerra. Un’ora dopo, l’emendamento non c’è. Festeggiano Pd e M5S. Il Pd parla di «vittoria». «Lo scudo non c’è mai stato, non so come si possa parlare di vittoria», replica il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti. Intanto vengono depositati una trentina di emendamenti dei relatori e, finalmente, arrivano i pareri su quelli dell’opposizione. Tra i salvati, ci sarebbe l’emendamento, presentato dal Pd, sul rifinanziamento del bonus psicologo, una battaglia fatta da Filippo Sensi, non rieletto. Spunta persino una intesa bipartisan. Riguarderebbe la creazione di un fondo creato grazie alla tassazione sugli extraprofitti delle banche per garantire ristori ai commercianti per le commissioni sui pagamenti elettronici. Avverrebbe in forma di crediti di imposta. Accolto anche l’emendamento del Pd per prorogare Impresa 4.0, così come quello, presentato dal M5S, per il lavoro agile riservato ai fragili fino al 31 marzo.