Sono giorni caldi sul caso di Hasib Omerovic, che hanno portato alla luce le inadempienze e le bugie di tanti agenti coinvolti durante la perquisizione
Una storia brutta. E sempre più inquietante mano mano che passano i giorni e le situazioni. La storia del disabile romano 36enne di origine rom precipitato dal suo appartamento durante una perquisizione della polizia lo scorso luglio, le ultime notizie sulle chat che stanno venendo fuori. Sulla vicenda non si avevano grandi aggiornamenti da diverse settimane, almeno fino a quando il poliziotto implicato, uno di quelli presenti nel pomeriggio del 25 luglio, è stato arrestato con l’accusa di tortura. Altri quattro colleghi sono invece stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di falso e depistaggio.
Il timore tra le forze dell’ordine è tanto. Dalle ultime intercettazioni sui messaggi delle chat private emerge una verità inquuietante: in merito alla relazione di servizio successiva alla perquisizione, si legge di “pararsi il c… dall’onda di m… che sarebbe arrivata e avrebbe travolto tutti quanti“.
Dalle chat dei poliziotti emergono fatti impressionanti e clamorosi
Le chat sono tra un ispettore in servizio presso la Squadra Mobile di Roma a una collega ispettrice del commissariato di Primavalle. Una prova che va a comporre il faldone di oltre sessanta pagine del caso Omerovic in merito all’ordinanza cautelare che è costata l’arresto al poliziotto. Nel documento del Giudice per le Indagini Preliminari si legge che tra i due ispettori in questione si era da poco tenuto un contatto telefonico in cui era emerso, così si legge nella nota, “l’esigenza di condurre in modo accurato le indagini poiché le cose non si erano svolte come descritto dagli agenti, sottolineando inoltre l’insussistenza di valide ragioni che potessero giustificare, nella fattispecie, un accesso all’interno di una privata abitazione nei modi e nei termini descritti“.
Molte informazioni in merito alla perquisizione di via Gerolamo Aleandro sono giunte anche da chi ha scelto di collaborare con gli inquirenti, fungendo così da testimone oculare della scena. Nella sua deposizione, il poliziotto parla di “senso di vergogna” per non essere intervenuto subito e fermare l’escalation di violenza (ha confermato la porta sfondata e gli schiaffi al 36enne, entrambi riconducibili a Pellegrini).