Siete sicuri che quello che portate sulla vostra tavola sia prosciutto di Parma: come fare per capirlo?
Tante volte, specialmente in queste feste, sarà capitato o capiterà di vedere sulle nostre tavole anche il prosciutto crudo e pensare che sia necessariamente quello di Parma, esiste però un modo per capirci qualche cosa in più.
Come riporta il Giornale.it, i prosciutti italiani a indicazioni di origine sono undici e di questi otto hanno il marchio DOP, ovvero Denominazione d’origine protetta e tre IGP ovvero Indicazione geografica protetta. Esiste però tra le due cose una differenza netta che forse in pochi conoscono ma che sono necessarie per potersi presentare con delle precise caratteristiche per poi essere venduti. Entriamo nel particolare.
Prosciutto di Parma, come fare per conoscere la zona d’origine
Allora come accennato prima, esistono due categorie a cui può appartenere il prosciutto: “Quelli a marchio Dop devono sottostare al vincolo dell’origine della materia prima italiana, previsto dal disciplinare, mentre quelli a marchio Igp si possono fare con cosce di suino provenienti addirittura da altri continenti. Purché provengano da maiali la cui razza sia elencata nel disciplinare e risponda a precise caratteristiche genetiche ed organolettiche”.
Chiarito questo, bisogna anche sottolineare come nn è mai detto che il prosciutto di Parma venga effettivamente da Parma, cosi come non è detto che il prosciutto San Daniele, arrivi proprio da San Daniele. Eppure, per potere verificare la loro zona di provenienza quello che bisogna fare è consultare tutti i cataloghi che sono disponibili online sul sito del Ministero dell’agricoltura, ovvero: Politicheagricole.it.
Nel particolare, sempre secondo quanto riporta il Giornale.it, proprio in tempi recenti il prosciutto di Parma Dop ha concluso un lungo iter di tre anni per potere modificare il suo disciplinare consultabile online: il via libera per poterlo fare è arrivato da parte libera della Commissione europea nel mese di Novembre, con la conseguente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Ue del nuovo testo. Fatto questo, restano ancora 90 giorni di tempo nel quale possono anche essere avanzate delle obiezioni facendo capo direttamente alla Commissione Europea per chiedere altre modifiche.