Torna al centro dell’attenzione Andrea Costantino, l’imprenditore rimasto per 15 mesi in carcere ad Abu Dhabi.
“Era il primo maggio di quest’anno, la festa del sacrificio dopo la fine del Ramadan. Al termine di un’ispezione alle quattro del mattino, una delle tante in cui camminano sul cibo, ti mettono nudo e ti danno nuove tuniche bordate di rosso, due dell’Isis decidono che vogliono ammazzarmi, così, di colpo, perché sono cristiano e avevo pregato. I due mi saltano letteralmente addosso e per fortuna che intervengono due ragazzi yemeniti e un siriano a difendermi. Ho portato a casa la pelle per miracolo. Qualche giorno prima un altro dell’Isis mi voleva tagliare la testa…”.
Sono queste alcune delle parole riportate dal Corriere.it di Andrea Costantino, l’imprenditore italiano che per quindici mesi è stato nel carcere di Al Wathba ad Abu Dhabi. L’uomo ci è entrato nel Marzo del 2021 ed è uscito il 30 Maggio 2022, era stato arrestato in un hotel di Dubai e ancora oggi ha nel cuore e dentro gli occhi tutte le brutalità subite e di cui lui stesso ha parlato.
“Non mi sembra ancora vero, la mia famiglia, i figli, Milano, il Natale. Stefania è venuta con la bambina a prendermi a Malpensa. Stava dormendo, poi si è svegliata e non mi si è più scollata di dosso. Un’emozione indescrivibile. Dopo 21 mesi davvero duri, soprattutto il primo anno” cosi ha cominciato la sua intervista per il Corriere.it il noto imprenditore italiano.
La sua è stata una delle esperienze più traumatiche e davvero impossibili da dimenticare, dopo quindici mesi in carcere ad Abu Dhabi, è riuscito a tornare a casa, contestualmente alla condanna del tribunale degli Emirati Arabi a una pena pecuniaria di 540 mila euro per aver favorito il terrorismo.
“Era l’inferno: 14 detenuti in 16 metri quadri, il cibo te lo buttavano per terra, spedizione punitive organizzate dai capò, pestaggi… Una volta succede che faccio lo sciopero della fame per essere spostato dopo che i topi mi avevano morso e vengo punito: in manette con i piedi incatenati per 12 ore sotto il sole. Per non parlare delle sevizie fisiche e delle torture: ammanettato al pianale di un blindato con le bende agli occhi mentre loro si divertivano a frenare, sbandare, accelerare” ha raccontato e ancora: “Adesso sono a casa ma a differenza degli altri prigionieri politici io devo pagarmi il riscatto e rimborsare la somma all’Agenzia delle Entrate, come da impegni presi. Sono stato trattato diversamente e se mi chiede le ragioni gliele dico: sono imprenditore, sono bianco, sono cattolico”.
Delle immagini davvero agghiaccianti che anche oggi, che si trova nel calore della sua famiglia, l’imprenditore non riesce in nessun modo a dimenticare.
L’accusa per cui è finito in carcere è stata quella di collaborazione con il terrorismo e di armi, accusa che lui stesso sempre attraverso la lunga intervista per il Corriere.it, rimanda al mittente: “Come posso aver favorito il terrorismo con due carichi di gasolio venduti allo Yemen, perché di questo stiamo parlando, autorizzati dagli stessi Emirati?”.