Il pm accusa e le sue sono parole aberranti: «Le spoglie mutilate con seghe e martelli». Raggirati i parenti dei defunti
Cadaveri mutilati con seghe e martelli, articolazioni spezzate, per fare spazio nei loculi del cimitero, con i resti riposti negli ossari prima del tempo, scrive Il Messaggero. Ma anche finte cremazioni e, soprattutto, una truffa in danno dei familiari dei defunti, convinti a pagare 300 euro per spostare le salme dei loro cari, ignari del fatto che, in realtà, quei corpi sarebbero stati letteralmente smembrati. Dagli atti dell’inchiesta che ha portato sul banco degli imputati 16 persone, tra dipendenti Ama – che si occupavano delle mutilazioni illegali – e responsabili, compiacenti, delle agenzie funebri, emergono i dettagli agghiaccianti di questa pratica macabra e abusiva. Le accuse sono vilipendio di cadavere e truffa.
La municipalizzata, che ha in gestione i servizi cimiteriali capitolini, è costituita parte civile e, assistita dall’avvocato Giuseppe Di Noto, ha quantificato i danni: 500mila euro, considerando solo i fatti avvenuti nel cimitero di Prima Porta, al centro del processo. Ma potrebbe essere solo l’inizio: ci sono molti altri casi ancora in fase di indagine, che riguardano sempre Prima Porta, ma anche il cimitero Flaminio. Pasquale, Mario, Lamberto, ma anche Augusto, deceduto nel 1980, e Adele, morta nel 1985. Sono solo alcuni dei nomi di defunti nominati nelle informative dei carabinieri del nucleo Radiomobile, che stanno indagando sul caso. Per quanto riguarda i corpi fatti a pezzi la truffa nasce dal fatto che, a distanza di 20 o 30 anni dalla sepoltura, una volta scaduto il periodo di affitto del loculo, i cadaveri lì contenuti possono essere spostati nell’ossario, ovviamente se sono rimasti solamente gli scheletri. Una procedura che è affidata all’Ama.
Chiediamo che i responsabili vengano puniti come meritano
In questo caso, le operazioni sarebbero state fatte prima del tempo e in modo abusivo, da dipendenti Ama che erano d’accordo con i gestori di alcune agenzie di onoranze funebri. Il prezzo chiesto sottobanco ai parenti delle vittime – ignari dell’illegalità delle pratiche – era di circa 300 euro. Una cifra che, a dire degli imputati, era necessario pagare «per procedere ad idonea estumulazione della salma», si legge negli atti. Quello che veniva omesso nelle comunicazioni era il fatto che, in realtà, il cadavere sarebbe stato fatto a pezzi utilizzando seghe e martelli, come hanno ricostruito i carabinieri, anche attraverso fotografie e video che hanno immortalato i dipendenti Ama all’opera.
Nella costituzione di parte civile della municipalizzata si parla di un «gravissimo danno economico, diretto e indiretto, oltre che d’immagine, che gli imputati hanno arrecato alla società, cui compete in via esclusiva il servizio di gestione cimiteriale svolto in regime di privativa, regolato dal contratto di servizio con Roma Capitale». L’avvocato Di Noto sottolinea che «si tratta di fatti raccapriccianti e di condotte di una gravità inaudita. Chiediamo che i responsabili vengano puniti come meritano. Contiamo anche di dimostrare a processo la presenza di episodi corruttivi». Non si tratta di casi isolati. Dalle indagini – ancora in corso – sono emerse condotte analoghe anche all’interno del cimitero Flaminio.