Stop di FI e FdI: no a corsie preferenziali per questa norma. Il vice-premier Tajani: «Subito poteri per Roma Capitale»
Sì al cantiere, no alla ruspa. La riforma dell’autonomia differenziata firmata dalla Lega continua ad agitare le acque. Anche nella maggioranza. Ieri lo sprint del ministro alle Autonomie del Carroccio Roberto Calderoli è incappato nell’autovelox degli alleati al governo. Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri nonché capo-delegazione di Forza Italia, la mette così: «Non c’è alcuna contraddizione tra autonomia e svolta presidenziale». Dove per svolta si intende la riforma del presidenzialismo che per la premier Giorgia Meloni, fin dal primo giorno a Palazzo Chigi, è «una priorità» dichiarata. Tradotto: non ci saranno corsie preferenziali per la riforma federalista che i leghisti vorrebbero approvare in tempi record. Il piano Calderoli? Via libera dal Cdm già la settimana prossima, «non è che vuole farla prima delle regionali in Lombardia?», è il dubbio sibillino di Stefano Bonaccini, governatore dem dell’Emilia-Romagna. Poi l’approdo in Parlamento delle intese fra governo e Regioni per la prossima estate. Un’accelerazione che «tradisce una miopia territoriale rispetto agli interessi della comunità nazionale», hanno scritto ieri cinquanta sindaci di comuni meridionali della rete Recovery Sud» in una lettera al Capo dello Stato Sergio Mattarella.
Lo scatto convince poco anche Fratelli d’Italia e Forza Italia, che fissano paletti, «serve una risposta sul ruolo per Roma Capitale e non devono esserci aumenti nelle differenze tra Nord e Sud», dice ancora Tajani. E ribadiscono agli amici leghisti come il piano-riforme con cui il governo vuole battezzare il 2023 dovrà procedere di pari passo. Per dirla con Maurizio Gasparri, vicepresidente della Camera di FI, «ovviamente bisognerà agire a 360 gradi portando avanti la scelta presidenzialista e approvando al più presto le norme per dare a Roma capitale poteri adeguati».
“Strade diverse, mi sembra sconclusionato e senza senso percorrerne altre”
Non proprio i piani che si tessono a via Bellerio. «Sono strade completamente diverse e rincorrere l’una per l’altra veramente mi sembra sconclusionato e privo di senso e significato», dice e ridice Calderoli. Insomma, la quadra è tutta da trovare, la serenità anche. Il ministro del Carroccio si è lasciato andare a uno sfogo contro il Messaggero e Il Mattino, rei a suo dire di attribuirgli «una inventata volontà di spaccare il Paese». «Adesso basta con gli attacchi che sfociano in offese e anche di peggio. Sono stato paziente per settimane ma adesso si è passato il limite, sono stanco di leggere sui quotidiani Il Mattino o il Messaggero frasi tipo lo spacca Italia del ministro Calderoli riferito al disegno di legge sull’autonomia differenziata», ha tuonato Calderoli. Promettendo di «procedere per vie legali», d’ora in poi.
Invettiva che ha suscitato dure reazioni dal mondo politico. «Sono un bruttissimo segnale le accuse, con tanto di minacce di querela, ai giornalisti del Messaggero e del Mattino, cui va la mia solidarietà», dice Mara Carfagna, presidente di Azione. «La stampa fa il suo dovere, che è quello di verificare e informare nella maniera più completa possibile. Calderoli accetti le critiche, si confronti nel merito e lasci perdere le querele». Ma il muro è bipartisan. Alessio D’Amato, candidato di Pd e Terzo polo alle regionali del Lazio, parla di «un attacco inaccettabile all’indipendenza e la libertà di stampa» e ricorda che «sull’autonomia differenziata si gioca la coesione sociale del paese». Solidarietà arriva da Filippo Sensi per le «inaccettabili dichiarazioni di Calderoli: spia di una coda di paglia e di un intento divisivo che va contrastato politicamente e istituzionalmente», scrive su twitter l’ex deputato del Pd. Gli fa eco, sempre dal Pd, Giuseppe Provenzano: «Calderoli è stufo di leggere che vuole spaccare l’Italia? Bene, allora ritiri il disegno dell’autonomia differenziata