Dalle prime stime e i primi movimenti della manovra, sembra che lo Stato abbia già premiato il Nord rispetto al Sud
Nel dibattito sull’Autonomia differenziata rilanciata dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, un tema chiave rimane sullo sfondo: la redistribuzione delle risorse, che sicuramente dovrà esserci se alcune Regioni avranno più competenze. Ed è evidente che rispetto allo status quo qualcuno dovrà perdere e qualcun altro dovrà ricevere qualcosa in più dallo Stato. Il sottinteso comunque è: lo Stato dà più al Mezzogiorno rispetto al Nord produttivo e l’Autonomia riequilibrerà questa situazione. Ma le cose stanno davvero così? E, soprattutto, oggi su servizi essenziali come sanità, istruzione e infrastrutture, si può argomentare sostenendo questa tesi? L’Agenzia per la coesione territoriale ha recentemente pubblicato un aggiornamento del report sui conti pubblici, facendo anche delle stime sull’andamento per il 2023.
Secondo questi dati la spesa pubblica procapite è pari a poco meno di 19 mila euro in Lombardia, in Piemonte poco meno di 18 mula euro, in Veneto 16 mila euro; mentre al Sud la Sicilia si ferma a poco più di 14 mila euro, la Calabria a 15 mila euro e la Campania a 13.700 euro. Cifre, queste, riferite al settore pubblico allargato e destinate a politiche sociali, sanità, istruzione, amministrazioni, opere pubbliche, gestione dell’acqua, beni culturali, ambiente e cura del territorio. L’Agenzia per la coesione fa una stima anche per l’andamento della spesa corrente nel 2023, e prevede un allargamento della forbice tra Mezzogiorno e Nord: la freccia per le regioni del Sud scenderà sotto i 200 miliardi di euro, per quelle del Centro- Nord salirà verso quota 550 miliardi.
I dati dell’Agenzia della coesione sono contestati da alcuni economisti
I dati dell’Agenzia della coesione sono contestati da alcuni economisti, a partire dagli animatori dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, perché nei calcoli dell’Agenzia vengono inserite le pensioni, sulle quali come distribuzione lo Stato non ha potere, e anche gli investimenti delle società partecipate da enti pubblici. La Banca d’Italia, utilizzando criteri più restrittivi rispetto all’Agenzia, comunque conferma una distanza, stimando una spesa pubblica procapite al Nord di 12.979 euro e al Sud 11.836. Secondo Luca Bianchi, il direttore della Svimez, l’associazione di studi sul Mezzogiorno, il tema vero che la riforma Calderoli nemmeno sfiora è quello di come «ridurre divari che sono sotto gli occhi di tutti »: «Al di là del dibattito su chi riceve più risorse pubbliche, in settori come sanità, scuola e infrastrutture che riguardano il cuore della vita dei cittadini e i loro diritti di cittadinanza, non c’è dato che possa smentire la differenza di spesa dello Stato. La verità è che non c’è alcun dibattito pubblico, men che meno nei partiti di governo, su come garantire un minimo di riavvicinamento tra le aree del Paese, non solo sull’asse Nord-Sud ma anche su quello città- periferia, città-aree interne».
Sul fronte sanitario secondo i dati della ragioneria dello Stato la spesa primaria netta sanitaria pro capite in Piemonte è passata da 1.593 euro del 2000 a oltre 1.900 euro ultimo dato pre-pandemia (negli ultimi anni la spesa sanitaria è cresciuta ovunque per l’emergenza Covid), in Lombardia da 1.838 a oltre 2.600 euro; nello stesso arco di tempo, in Calabria la spesa procapite è passata da 1.300 euro a 1.600, in Sicilia da 1.357 a circa 1.700 euro. E su liste d’attesa e qualità percepita la forbice si è ulteriormente allargata, tanto che i viaggi della speranza sono tornati a crescere. Ma anche sulla scuola primaria i numeri sono chiari: secondo l’ultimo report Svimez nel 2022 il 50 per cento dei bambini in Lombardia ed Emilia-Romagna ha frequentato classi a tempo pieno, in Piemonte il 51 per cento; in Sicilia appena il 10 per cento, in Calabria il 24 per cento, in Campania il 18. In Veneto il 48 per cento degli studenti non ha una palestra nell’istituto che frequenta, in Sicilia oltre l’80 per cento.