CorSera, messaggi cifrati e prestanome, il patto di sangue per dare la caccia ai romanisti

A distanza di anni dall’omicidio di Ciro Esposito non smette di esserci voglia di vendetta da parte della tifoseria partenopea. I rapporti con la camorra

Il dolore. La rabbia. Cinque mesi dopo la morte di Ciro Esposito, il primo novembre 2014, gli ultrà del Napoli hanno siglato il «patto di vendetta». E il dolore per la morte del giovane tifoso del Napoli, la rabbia per l’agonia durata un mese, si è trasformata in ossessione. In ogni luogo d’Italia e d’Europa, con ogni mezzo, servendosi di ogni uomo, anche dei «nemici», Ciro deve essere vendicato, scrive il Corriere della Sera. Un patto reso pubblico con uno striscione allo stadio Maradona durante la partita disputata proprio contro la Roma quel novembre di nove anni fa. «Ogni parola è vana, se occasione ci sarà non avremo pietà». E da quel momento è partita la caccia ai romanisti conclusasi (per ora) due giorni fa a Badia al Pino.

Gli scontri
Gli scontri tra romanisti e napoletani sull’autostrada (Ansa)

Una storia lunga anni. Due settimane dopo quello striscione la prima vendetta fu organizzata e voluta dagli eterni nemici dei napoletani, legati però da un filo invisibile, quello degli «scontri» con il rispetto dei codici ultrà (niente armi), e della «mentalità» (niente denunce). E così il 22 novembre duecento atalantini tentarono di assalire gli autobus dei tifosi della Roma. Nove ultrà bergamaschi furono arrestati. Nulla di nuovo. Ma, invece, chi doveva sapere ha saputo, chi avrebbe dovuto interpretare quell’azione violenta l’ha interpretata. A Napoli, qualche giorno dopo, comparvero murales con un altro messaggio in codice: «Fuori Bergamo dalle galere» e partì tra i gradoni dello stadio una colletta per sostenere le spese legali degli atalantini in carcere. «Se si picchia un romanista nessuno viene lasciato solo». E così è stato per anni. Ogni gruppo ultrà che sostituiva i napoletani negli scontri diventava «amico».

Gli scontri
la devastazione dell’autogrill (Ansa)

In Italia come nel resto d’Europa. La curva del Paris Saint-Germain ha cacciato chi sosteneva i romanisti. E tutte le volte che hanno la possibilità, attaccano i giallorossi, in nome di quel patto. Così in Germania con il Monaco 1860 e il Borussia Dortmund. In Serbia con la Stella Rossa di Belgrado, in Bulgaria con il Plovdiv. La tessera del tifoso Per anni gli ultrà napoletani sono stati banditi dagli stadi italiani. Allontanati su decisione del Viminale per «motivi di ordine pubblico». Il rischio di incroci pericolosi era troppo alto, anche perché quando i napoletani si spostano lo fanno in massa, in migliaia. E quasi sempre con auto (anonime) noleggiate e difficili da intercettare. La svolta è arrivata l’1 agosto del 2016 quando la Curva A, quella che fu di Gennaro De Tommaso, conosciuto come «Genny la carogna», decise di sottoscrivere in massa la tessera del tifoso, il lasciapassare per partecipare alle trasferte negli stadi d’Italia. I codici segreti E via in auto su e giù per lo Stivale. Vestiti di nero. Felpe con il cappuccio, anche in estate. Bastoni delle bandiere che nel fondo sono rinforzati come se fossero di ferro. Scarpe leggere con suole scavate per i fumogeni. Nessuna sciarpa o bandiera in vista. E la mappa precisa degli autogrill dove ci si può nascondere nei sottopassi e intercettare i nemici cogliendoli di sorpresa.

Quando gli ultrà del Napoli si spostano noleggiano minivan con carte di credito di ragazzi insospettabili. Difficile riconoscersi in autostrada, specialmente se tutti sono vestiti di nero. Spesso capita di incrociare una carovana di minivan e confonderla per un gruppo nemico o viceversa. E allora prima di partire si decidono i codici di riconoscimento. I gomiti fuori dal finestrino? Bene, uno degli ultrà avrà il gomito in vista per tutto il viaggio. In pieno inverno si decide per altro. Luce accesa nel vano. Viaggio al centro corsia, sportello della benzina aperto, zainetti sul cruscotto. Gli incensurati Dopo l’arresto per camorra e il suo pentimento, il mito di «Genny la carogna» è presto tramontato nella sua curva ad altissima densità criminale. Ogni gruppo ultrà è un diretto riferimento di un quartiere della città e quasi sempre di un clan di camorra. Lo raccontano i pentiti. Con la tessera del tifoso al Maradona sono arrivati tantissimi ragazzi, sempre più giovani, incensurati, difficili da riconoscere. Facilmente manipolabili.

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