E’ morto l’avvocato Giovanni Aricò, uno dei penalisti più famosi nel nostro Paese. Aveva 81 anni. Ecco i suoi processi più importanti.
Grave lutto nel mondo dell’avvocatura italiana. E’ morto all’età di 81 anni Giovanni Aricò, penalista di origine campana ma ora da oltre 50 anni nella Capitale. Un legale molto apprezzato dai colleghi che, come riferito da Il Messaggero, lo hanno sempre descritto come “un vero e indiscusso gentiluomo, un maestro per una miriade di avvocati di tutta Italia, di eccelsa competenza e straordinaria umanità“.
Con lui il mondo dell’avvocatura italiana perde sicuramente un figura di riferimento oltre che un penalista protagonista di alcuni dei processi più importanti della storia italiana. Tra quelli più famosi spiccano sicuramente il sequestro di Denise Pipitone e quello per l’omicidio della studentessa universitaria della Sapienza Marta Russo. Ma nella sua carriera difese anche il politico Paolo Signorelli.
Gaetano Scalise: “Un avvocato inarrivabile”
La morte di Giovanni Aricò lascia un vuoto incolmabile nel mondo della avvocatura italiana e sono diverse le persone e i colleghi che lo hanno omaggiato. “Un avvocato inarrivabile. Era davvero in grado di dare un senso alla nostra professione“, il ricordo dell’avvocato Gaetano Scalise.
“Lui non saliva mai in cattedra – ha aggiunto il presidente della Camera penale di Roma – e spesso terminava le sue arringhe con la frase scusate per il troppo e per il poco“.
Il ricordo del collega Fabrizio Merluzzi
A Il Messaggero anche Fabrizio Merluzzi ha voluto ricordare il collega Aricò: “Da giovane di studio gli rivolgevo sempre diverse domande, molte delle quali erano banali e scontate, ma lui, con quel sorriso affabile, mi rispondeva con quel rigore scientifico che gli era proprio senza mai farmi pesare la risposta. Anzi la accompagna sempre con una sua domanda“.
“Quando iniziava a discutere – ha aggiunto il legale – era come se tutti si fermassero in attesa del suo genio perché solo lui era in grado di riempiere il tutto come i grandi avvocati sanno fare. Aveva la raffinatezza di dire cose dure senza mai mancare di rispetto ai magistrati, nei confronti dei quali aveva grande stima“.
E al quotidiano italiano Merluzzi ha raccontato anche un particolare episodio: “Una volta disse alla Corte: io sono un grande ammiratore di Maradona e non sapete quando io segua il pallone tirato dall’argentino con tutte le mie forze della porta, ma mai nessuno ha detto oppure scritto che io abbia fatto tante rete“. Parole che hanno portato all’annullamento della sentenza.