Lo storico inviato di Striscia la Notizia si era sempre dichiarato un ateo di ferro: ma dopo aver letto un libro è scattato qualcosa. “Prima non ero felice”
Le sue inchieste hanno spesso fatto scalpore, regalando veri e propri scossoni: con la sua tenacia, la sua voglia di andare a fondo ad ogni notizia, Max Laudadio è divenuto in breve tempo uno degli inviati più conosciuti di Striscia La Notizia. All’interno del Tg ideato da Antonio Ricci, Laudadio si è spesso messo in evidenza con inchieste che hanno lasciato il segno. Scovando molte volte truffe e imbroglioni di ogni tipo. Ogni volta che veniva mandato in onda un suo servizio, i conduttori (su tutti Ezio Greggio) lo presentavano mimando il segno della croce o un simbolo di preghiera, giocando sul suo nome. Ma Max Laudadio, si era sempre dichiarato ateo. Prima del clamoroso cambio.
Il giornalista, oggi 51enne, ha svelato a Giulia Cazzaninga per “La Verità”, il suo incredibile cambiamento: Laudadio racconta di essersi trovato di fronte ad un bivio durante la sua carriera professionale: il momento in cui si capisce che l’alternativa è quella tra una crescita interiore e la caduta nell’2oblio del niente, del successo e della ricchezza”. Nonostante la carriera, un matrimonio felice (con una figlia naturale e due adottivi), il cronista non si sentiva pienamente in pace: “Non ero felice”, ha dichiarato.
“È successo – racconta Max Laudadio – che mia figlia frequentava l’oratorio e il prete, don Silvano Lucioni, si era messo in testa che io dovevo entrare in Chiesa, ma non mi passava neanche dall’anticamera del cervello. Non ero semplicemente ateo, ero proprio in rivolta, a tratti persino violenta”. Don Silvano capisce al volo il suo malessere e gli regala un libro di Ernesto Olivero, fondatore del Sermig di Torino: “Per una Chiesa scalza”. Un volume che Laudadio inizia a leggere solo “per rispetto per il prete”. Ma che finirà per divorare, letteralmente rapito dalla lettura.
La conversione e le “dioincidenze”
Così il mattino seguente, dopo aver chiamato la sua assistente per avvisare che non sarebbe andato al lavoro, “sono partito per Torino da solo – ricorda – e arrivato all’Arsenale della pace ho bussato e mi sono messo a piangere. Ho chiesto di vedere Olivero, mi han detto che era appena atterrato dalla Terra Santa e poco dopo mi ha accolto. La prima cosa che mi ha detto è ti voglio bene”. Dopo aver raccontato tutto a Don Silvano, quest’ultimo lo convince a “fare l’adorazione eucaristica”. Laudadio si sveglia alle tre di notte, nel bel mezzo di una bufera di neve e arrabbiato per essere stato buttato giù dal letto: “Ma poi entrato in Chiesa l’illuminazione. Mi sono messo in ginocchio e non mi sono alzato fino al mattino. Da lì, giuro, è iniziata una serie impressionante di quelle che io chiamo “dioincidenze”. E’ la svolta. “Da megalomane, egocentrico ed esibizionista” arriva a chiedere il “dono dell’umiltà”. Poi c’è la missione di tre mesi. Prima in un orfanotrofio ad Haiti, poi in Giordania in un centro disabili mussulmani gestito da tre suore, infine in Benin in un piccolissimo ospedale (che serve però quattro Stati). “Ho scoperto lì che la felicità esiste solo nel dono agli altri, se una cosa la fai per gli altri”.