Nel libro di monsignor Georg Gaenswein “Nient’altro che la verità”, pubblicato con Saverio Gaeta per Piemme, il religioso tedesco svela alcuni retroscena inediti riguardanti diversi episodi salienti e delicati del pontificato di Benedetto XVI.
Tra questi, anche lo scandalo Vatileaks e il suo rapporto personale con il maggiordomo Paolo Gabriele, colui che fu accusato di furto di documenti segreti per consegnarsi ad alcuni giornalisti interessati.
Nel momento in cui i documenti vennero resi pubblici, addirittura fotografati, subito Gaenswein immaginò che fosse il segretario il colpevole, visto che era il solo che aveva accesso alla stanza in cui si trovavano.
Pochi giorni prima lo stesso Gaenswein, nell’intervista confidenziale rilasciata al caporedattore del settimanale Die Tagespost, Guido Horst, con gli occhi commossi e provati aveva riportato alla memoria alcuni dei momenti più significativi del Pontificato di Ratzinger e in seguito di quello di Bergoglio, sollevando però un polverone mediatico con le sue considerazioni.
L’episodio dello scandalo è quello in cui Gaenswein viene congedato dal suo ruolo, quello di capo della Prefettura della Casa Pontificia, per mano di Papa Francesco, con poche sbrigative parole. Poi però c’è stato anche il passaggio in cui il prelato tedesco riporta alla luce il momento della promulgazione del motu proprio con cui Papa Francesco cancellò le concessioni introdotte da Ratzinger a riguardo della celebrazione della Messa antica.
C’è però anche molto di personale legato al prelato tedesco che in questi giorni è finito sulle home page di tutti i quotidiani internazionali, a partire dal suo primo incontro con Ratzinger, nella chiesa di San Michele a Monaco, da giovane dottorando anche se semplice ascoltatore dell’allora già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, fino all’incontro personale al Collegio Teutonico di Roma.
Spiega Gaenswein quale fosse la più grande preoccupazione di Benedetto XVI: quella per la scomparsa della fede in Europa e in Occidente. Mentre la trilogia su Gesù di Nazareth per l’arcivescovo rappresenta il testamento del Pontefice emerito, scritto con l’intenzione di “aiutare le persone a mettere Dio, Gesù Cristo, al centro della fede”, confermando e rafforzando la loro fede.
Proprio in questa medesima preoccupazione c’era anche il tema della Messa in rito antico, che nell’intervista andata in onda sulla tv tedesca viene toccata dall’intervistatore Horts. La riammissione del Messale del 1962 “non è andata avanti come Benedetto XVI l’aveva desiderato“, anticipa il giornalista. “Credo che sia stata una ferita dolorosa”, è la risposta di Gaenswein che in poco tempo, nei giorni delle esequie al Papa emerito, ha fatto il giro del mondo.
“Quando Benedetto XVI ha letto questo motu proprio aveva il dolore nel cuore, perché lui voleva aiutare proprio coloro che hanno trovato nel rito antico la loro casa, a ritrovare la pace interiore e la pace liturgica, per tirarli via da Lefebvre“, spiega ancora. Ratzinger lavorava affinché i cosiddetti “sedevacantisti” trovassero una loro collocazione nella Chiesa di Roma, ma di fatto non andò nella direzione voluta. Con tutto quello che poi ne è conseguito.