Messina Denaro invitato a festini hard, dopo l’arresto del boss, ad avere parlato di questi particolare è stato un testimone. Ecco le sue parole.
Si torna ancora una volta a parlare del boss Matteo Messina Denaro, arrestato all’interno di una clinica privata di Palermo, nei giorni scorsi, proprio durante una delle sedute di terapia a cui si sottoponeva ormai da diverso tempo, a seguito del suo intervento di rimozione del tumore, lo scorso anno.
Da quel momento in poi, non hanno mai smesso di susseguirsi testimonianze e racconti su boss, tra queste anche quella riportata proprio nelle scorse ore da Libero, arrivata da parte di un teste durante una deposizione per omicidio: si tratta di Errante Parrino.
Il suo racconto ha svelato nei minimi particolare il modo in cui l’alta borghesia aveva introdotto Matteo Messina Denaro ad alcuni festini a luci rosse; delle parole davvero molto precise che fanno scoprire un aspetto ancora sconosciuto del noto boss palermitano. Ecco le sue parole.
Matteo Messina Denaro e i festini a luci rosse: “Ci mancava una persona per compensare con le donne presenti”
Matteo Messina Denaro, il boss arrestato proprio nei giorni scorsi torna protagonista della cronaca, grazie alle parole di Errante Parrino, riportate proprio sul quotidiano Libero, il testimone parla del modo in cui il boss prese parte e venne introdotto dall’alta borghesia ai festini a luci rosse.
“Avevamo conosciuto delle signore di Palermo dell’alta borghesia che non lesinavano a fare feste invitando anche ragazzotti e studentelli. Ci mancava una persona per compensare con le donne presenti, e Lillo invitò Matteo. Ricordo che lo portammo alla festa e si divertì come un pazzo” ammette il testimone, nello specifico Lillo dovrebbe essere Lillo Santangelo e non è finita qua, la Stampa riporta: “Questo genere di inviti proseguì anche altre volte. C’era un nostro collega iscritto a medicina che conosceva molte signore che allora si definivano tardone piacenti. Organizzò una festa e di queste donne ne erano presenti sei o sette, ma ci voleva un numero superiore di picciutteddi perché un ragazzino per ogni donna non ce la faceva. Cercammo aiuto, e ognuno di noi si diede da fare per rintracciare qualcuno che ci potesse dare una mano a superare la nottata che si presumeva abbastanza lunga e intensa. Chiamammo Matteo, perché prendeva la macchina e veniva di corsa da Castelvetrano. E così fece”.