Tre anni e mezzo fa scoppiò lo scandalo emiliano: un sistema in cui psicologi e assistenti sociali erano d’accordo per sfasciare le famiglie e alimentare il business dell’accoglienza
Inchieste giudiziarie. Commissioni parlamentari d’indagine. Riforme. Dal luglio 2019 pareva che una rivoluzione dovesse squassare la giustizia minorile. Ricordate lo scandalo di Bibbiano, in quell’estate resa bollente da indagini sconvolgenti e violente polemiche?, si domanda la Verità. Già in passato s’era scoperto che servizi sociali e tribunali minorili erano capaci di disastri: tante volte madri e padri accusati di non essere buoni genitori s’erano dimostrati innocenti, e ingiusti gli allontanamenti dei loro figli. A Bibbiano, però, i carabinieri di Reggio Emilia e il magistrato Valentina Salvi per la prima volta hanno raccolto le prime prove concrete di un «sistema» patologico, dove ci sono psicologi che condizionano bambini destinati a essere portati via da casa, e assistenti sociali che producono relazioni sulle loro famiglie al solo scopo di metterle in cattiva luce. L’ipotesi d’accusa, emersa a Bibbiano oltre tre anni fa, è che questo accada un po’ per ideologia, e molto per interesse economico.
Tra 2019 e 2020, poi, altre indagini erano state avviate in altre città, da Torino a Massa Carrara. Al grido «parlateci di Bibbiano!», un’opinione pubblica giustamente scandalizzata dall’osceno mercato sulla pelle dei bambini invocava una svolta e riforme. E il Parlamento, nel luglio 2020, aveva dato vita a una commissione bicamerale d’inchiesta. Che cosa resta, oggi, di quella stagione? Ben poco, purtroppo. Allo scandalo di Bibbiano, che a sinistra qualcuno aveva avuto il coraggio di definire «un raffreddore», è stato messo il silenziatore. Il processo sugli allontanamenti nella cittadina emiliana, iniziato nel giugno 2022 per 17 imputati tra amministratori locali, assistenti sociali e psicoterapeuti, a Reggio Emilia ha appena cambiato giuria e langue tra esasperanti lentezze, mentre i media – se si esclude La Verità – non gli dedicano più alcuna attenzione. Eppure la serietà delle accuse per Bibbiano è stata confermata dal giudizio abbreviato che nel novembre 2021 ha condannato a 4 anni di reclusione (più 5 di sospensione dalla professione) l’imputato principale, accusato di avere indotto una giovane paziente a convincersi d’inesistenti abusi sessuali familiari: è lo psicologo Claudio Foti, fondatore del Centro Hansel e Gretel, capostipite di una scuola ideologicamente incline a giustificare gli allontanamenti, nonché per anni formatore di magistrati e assistenti sociali.
Dal caso Bibbiano, altre inchieste e altri processi. Ma solo tra qualche settimana verrà cambiato qualcosa nella legislazione
In quella sentenza sta scritto che a Bibbiano la «meticolose investigazioni dei carabinieri hanno permesso di disvelare una complessa, continuativa e insistita attività illecita legata al delicato tema degli affidi di minorenni». torino e massa carrara Quanto agli altri procedimenti penali, sono fermi a stadi più arretrati. Nadia Bolognini, la psicoterapeuta moglie di Foti che è tra gli imputati per Bibbiano, a Torino è coinvolta in una storia parallela di allontanamenti illeciti, e la Procura ne ha appena chiesto il rinvio a giudizio accanto a quello di altri 9 indagati. A Massa Carrara, nel 2020, erano stati arrestati per maltrattamento aggravato i titolari e i gestori di alcune case-famiglia, oltre che alcuni amministratori locali, e tra gli indagati era finito perfino un giudice minorile.
Nel luglio scorso s’è impiccata una ragazza di 16 anni, reclusa in una di quelle strutture, e solo a quel punto la Regione ha sospeso la convenzione. Il processo, però, non è ancora iniziato. La giustizia italiana, si sa, è lenta. Ma anche la commissione parlamentare sul sistema degli affidi è stata frenata, dal Covid e dalla strisciante opposizione delle sinistre, e s’è riunita solo dal maggio 2021. Lo scorso settembre ha prodotto una relazione finale che denuncia problemi gravissimi. Cioè quelli di sempre. La presidente della commissione, la deputata leghista Laura Cavandoli, ha scritto che «ancora non esiste un registro dei minori allontanati, né è possibile avere traccia dei motivi e della durata degli allontanamenti».