Teresa Principato, ex procuratrice e pm antimafia, che per anni ha dato la caccia al superlatitante Matteo Messina Denaro, in un’ intervista racconta tutti i suoi dubbi e le sue perplessità
A qualche giorno di distanza, la cattura dell’uomo più ricercato dalle procure italiane fa ancora discutere perché sembra impossibile sfuggire per trenta anni consecutivi, da uomo braccato, all’arresto. Di questo ha voluto parlare la dottoressa Principato, oggi in pensione, raccontando quelle che possono essere state le connessioni fra l’ex capo di Cosa Nostra e la massoneria.
Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza è finito in manette alle 8.20 del 16 gennaio, mentre stava per iniziare la seduta di chemioterapia alla clinica Maddalena di Palermo, una delle più note della città, mettendo fine così a una latitanza incredibile da parte del padrino di Castelvetrano.
Teresa Principato, ex magistrato oramai in pensione, si è occupata per più di otto anni della cattura della “primula rossa” di Castelvetrano, al punto da arrivare a un passo dal riuscirci. Una caccia che l’ha fatta anche finire nel mirino del boss tanto che, nel maggio 2014, un confidente aveva riferito che lo stesso capomafia trapanese stava cercando il tritolo per compiere un attentato nei suoi confronti. In una recente intervista al quotidiano La Stampa si è dichiarata “molto contenta, perché questo è un risultato ottenuto da persone con le quali ho lavorato, ma al tempo stesso mi sento turbata”.
Questo perché, “da quello che ho potuto verificare con le mie indagini, arrivate fino al 2017, Messina Denaro era proprio inafferrabile. Non stiamo parlando di una persona nascosta in un casolare, che mangiava pane e ricotta come Bernardo Provenzano. Tutt’altro. Oltre ad essere abbastanza colto, amava la bella vita, era un maniaco del lusso. E non rimaneva troppo a lungo fermo nello stesso luogo. Ha viaggiato molto, anche all’estero. Dalla Sicilia al Venezuela, dall’Inghilterra alla Spagna. Attraverso le rogatorie abbiamo trovato tracce della sua presenza, purtroppo non di lui”.
Ma l’ex magistrato ha rivelato di aver avuto più volte molte perplessità sulle reali intenzioni di voler catturare il super latitante. “Pensai davvero che non lo volessero prendere”, attacca la Principato, “sia io sia altri colleghi cercammo di convincere il procuratore a fermare i colleghi del gruppo agrigentino che volevano procedere all’arresto di un boss che secondo noi ci avrebbe portato dal ricercato. Avrebbero vanificato tutto. Anche i carabinieri del Ros ci parlarono. Invano”.
Il racconto dell’ex magistrato continua soffermandosi sulla figura di Lele Sutero: “Appena uscito dal carcere incontrò Messina Denaro. Aveva anche il compito di farlo incontrare con due mafiosi palermitani. Lo fotografammo mentre estraeva da una pietra un pizzino del latitante. Lo lesse e lo rimise al suo posto“. Ma Francesco Messineo, procuratore capo di quei tempi, non volle credere a quello che la Principato diceva sull’intercettazione che collegava Sutera a Messina Denaro e neanche il Consiglio Superiore della Magistratura le diede ascolto, per questo la Pincipato si convinse che “la cattura non era ritenuta prevalente. Per questo successivamente mi concentrai sulla pista massonica.
L’inchiesta condusse a evidenze di logge cui erano iscritti questori, medici poliziotti. Indagammo col Gico, ma non fu facile nemmeno stavolta. Per questo motivo lasciata sola e inascoltata decise di dimettersi e andare in pensione.