Si torna a parlare del decreto sulle case green, proprio in queste ore arriva lo stop definitivo della Bce: la riforma va riscritta.
Non smette di essere uno degli argomenti all’ordine del giorno quello che riguarda l’efficientamento energetico delle case nel prossimo futuro, nelle scorse ore è arrivato il freno della Bce, pare infatti che al prossimo voto dell’Europarlamento sulla direttiva europea, peserà moltissimo la decisione di Christine Lagarde.
Le preoccupazioni di cui tenere conto infatti sono moltissime, a cominciare dai tempi che sono considerati troppo stretti per molti e quasi impossibili da rispettare per la maggior parte degli edifici, senza tenere conto delle richieste della Germania che sottolineano il problema legato all’età degli edifici e al loro valore storico.
Ad aggiungersi sono poi i dubbi della Bce che, come riporta il Messaggero: “Pur promuovendo, sostenendone sforzo e obiettivi, le nuove regole per spingere l’efficienza energetica degli edifici in Europa, discute «il metodo» proposto per la definizione delle nuove classi Epc (Energy performance contract), le attestazioni chiamate a certificare la classe energetica di un edificio”. Per intenderci, infatti nella bozze del decreto si chiede che tutti gli immobili residenziali siano almeno di classe energetica F a partire da gennaio 2030 e di classe E dal 2033.
Come accennato poco prima, alle grandi preoccupazioni del governo italiano, nelle ultime ore si sono aggiunte anche quelle della Bce, che seppur favorevole all’efficientamento energetico, ritiene poco credibile fare il tutto, nei tempi stretti inseriti nella bozza di decreto.
La soluzione, secondo quello che si legge sul Messaggero, potrebbe essere quella di scegliere una metodologia più armonizzata, che come risultato: “Aiuterebbe la Bce nelle funzioni di vigilanza prudenziale a valutare l’impatto dell’efficienza energetica sulle esposizioni immobiliari degli istituti di credito, sulla base di dati affidabili e di definizioni comuni e standardizzate dell’Unione”.
Ovviamente per potere arrivare a questo punto ci vorrà decisamente del tempo in più rispetto a qualche mese, considerando anche quanto possa essere difficile mettere in accordo diversi Paesi, presi anche singolarmente: “Può essere ancora più difficile in un’Europa in cui il livello di partenza per l’ efficienza degli immobili in Svezia e Olanda non è certo quello di Italia e Spagna, Paesi con un patrimonio storico sostanzioso chiamati a ristrutturare due immobili su tre”.