Un fenomeno che sta dilagando in tutto il mondo industrializzato, complici le problematiche relative alla gestione della pandemia, e l’Italia non è da meno registrando numeri da fuga di massa
La fuga dal lavoro è un fenomeno diventato tendenza globale. Trova il suo apice negli Stati Uniti, dove l’hanno ribattezzato “Great Resignation”. Anche nella florida economia oltreoceano le imprese fanno sempre più fatica a garantirsi la continuità lavorativa dei dipendenti, ma anche nelle nostre città grandi o piccole la fuga non fa eccezione.
Nel 2022 si è registrato il record di dimissioni in Italia. Lo scorso anno, infatti, hanno lasciato il lavoro 1,6 milioni di persone, 300mila in più dell’anno precedente. Si può dire che è arrivato il fenomeno Great Resignation anche in Italia, il termine, inventato da uno psicologo americano, descrive un fenomeno osservato dopo la prima ondata di Covid-19 negli Stati Uniti.
La teoria iniziale per dare una giusta motivazione a quello che sta accadendo in molti paesi industrializzati è che centinaia di migliaia di persone, passate tramite l’esperienza dei vari lockdown durante la pandemia, abbiano ripensato al loro modello di lavoro, alla sua qualità e al suo ruolo nelle vite di ciascuno, risultando più propense ad abbandonare la loro occupazione, soprattutto quando non ritenuta soddisfacente. Per capire l’ampiezza di quello che sta accadendo è opportuno guardare i numeri. Secondo i dati del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, ad agosto 2021 è stato raggiunto il valore record di 4,6 milioni di americani che hanno lasciato volontariamente il lavoro. Dalla primavera 2021 il valore medio è stato di 4 milioni circa.
Nel Regno Unito la crisi del personale si sta aggravando: a ottobre 2021 un numero considerevole di imprese ha affermato che la mancanza di personale sta compromettendo la loro capacità di operare. Per molti lavoratori la qualità dell’occupazione sarebbe in media talmente bassa da fargli perdere senso, sia dal punto di vista del reddito che del contenuto del lavoro. A mancare poi, soprattutto per i giovani, sarebbe la prospettiva di crescita professionale e retributiva.
Secondo uno studio di McKinsey, una delle società internazionali di consulenza manageriale più importanti, il 40% dei lavoratori a livello mondiale è intenzionato a cambiare lavoro nei prossimi 4-6 mesi, il 53% dei datori di lavoro ha affermato di avere un turnover volontario maggiore rispetto agli anni precedenti e il 64% si aspetta che il problema continui, o peggiori, nei prossimi sei mesi. Il fenomeno della grande fuga sembra essere arrivato anche da noi se più di un milione e mezzo di persone ha scelto di lasciare il proprio lavoro in cerca di nuove esperienze. Anche se in Italia la questione riguarderebbe in buona parte professionisti altamente qualificati. Sono tutti quelli che cercano di cogliere le opportunità che la ripresa dell’occupazione, dopo il biennio con le fasi più dure del Covid, può offrire.