La mafia gli chiede 500 euro al mese, l’antimafia 3.000: l’incredibile denuncia dell’imprenditore Paolo Castaldo

Casi di questo genere ce ne sono davvero tanti e la cosa più paradossale è che va avanti da tanto, troppo tempo

Una storia allucinante che ha veramente dell’assurdo e del paradossale. «Sono stato vittima prima della mafia e poi dell’antimafia. Da entrambe ho subito estorsioni. All’antimafia ho pagato seimila euro, alla mafia niente». A parlare è l’imprenditore campano Paolo Castaldo. sulle colonne del Riformista. Nel marzo 2020 denuncia la camorra: «Mi hanno chiesto il pizzo, non pago, voglio denunciare». La camorra gli aveva intimato di pagare seimila euro all’anno, questo il prezzo per continuare la sua attività. Pochi giorni e iniziano le minacce e i furti, portano via due furgoni della sua azienda bufalina di Casoria. Passa un po’ di tempo e lui non paga.

La stranezza
La strana storia di un imprenditore che denuncia prima la mafia e poi lo Stato (Ansa Notizie.com)

Non si piega. Le intimidazioni si fanno più pesanti e a due mesi dalla denuncia l’azienda bufalina nella quale produce il latte per il suo caseificio viene avvolta dalle fiamme. Danni enormi. Il perito incaricato li quantificherà in più di un milione di euro. Brucia un’azienda, brucia la vita di un imprenditore, brucia la legalità. Questa è la storia di un imprenditore vittima della mafia, ma anche dell’antimafia. Perché se la prima estorsione l’ha ricevuta dalla malavita, la seconda viene direttamente da chi avrebbe dovuto affiancarlo, con un supporto legale, nella lotta alla criminalità. È per questo che Castaldo si rivolge a Sos Impresa, nota associazione antiracket guidata dal presidente Luigi Cuomo, che si occupa, e riporto parola per parola dal loro statuto, di “promuovere l’elaborazione di strategie di difesa e di contrasto al racket delle estorsioni, all’usura e a tutte le forme di criminalità che ostacolano la libertà d’impresa. Inoltre, si impegna a garantire assistenza legale e solidarietà agli imprenditori vittime del fenomeno mafioso ed in particolare a chi è colpito da attività estorsive ed usurarie – e veniamo agli obblighi – gli associati hanno l’obbligo di svolgere la propria attività verso gli altri in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, anche indiretto».

Un racconto agghiacciante sul quale il Governo non può non approfondire

Soldi
La mafia che raccoglie soldi (Ansa Notizie.com)

Tutto chiaro no? Siedono al fianco delle vittime di estorsione e le assistono anche legalmente. Senza prendere un soldo. Cioè, almeno così dovrebbe essere. L’imprenditore, infatti, si rivolge a loro, disperato e impaurito. Chiede aiuto e loro che fanno? Sì, ti aiutiamo, però il costo è di tremila euro al mese. Ma come? Sì, servono per le spese legali. Spese legali? Ma l’associazione Sos impresa non nasce per garantire il gratuito patrocinio? Castaldo paga. Emette due bonifici da tremila euro l’uno all’indirizzo di un associato, sul suo conto corrente personale. La causale? Spese legali. (Il Riformista è in possesso delle ricevute dei bonifici e ha verificato beneficiario e causale). Evitiamo di riportare nome e cognome perché siamo garantisti, con tutti, sempre. L’associato, denunciato da Castaldo (abbiamo preso visione anche della denuncia), aveva spiegato all’imprenditore che c’erano ritardi nei pagamenti, che insomma era un “momento particolare” e che avrebbe dovuto pagare lui questi soldi, salvo poi riaverli quando tutto sarebbe finito. Non solo. E qui c’è lo spettro di una truffa creata ad hoc.

L’associato rassicura anche l’imprenditore sul suo risarcimento danni, nel corso di una telefonata dirà chiaramente: «Devi pagare perché altrimenti la pratica non va avanti, ma stai tranquillo perché i soldi sono arrivati, prima di Natale avrai sul tuo conto corrente 720mila euro». Falso. La pratica era ferma. Dopo aver sborsato seimila euro ed essere venuto a conoscenza di sviluppi processuali di cui però né l’associato né l’associazione sapevano nulla, Castaldo si insospettisce e prima di emettere il terzo bonifico, vuole vederci chiaro. «Ho dovuto ricomprare tutte le attrezzature che c’erano in azienda e che sono state distrutte nell’incendio – racconta Castaldo – un investimento enorme. Ma la parte più brutta è la paura che possa succedere qualcosa ai miei figli, a mia moglie. Per settimane dopo l’incendio non ho visto i bambini per paura che potessi essere un bersaglio e quindi di coinvolgerli in una tragedia».

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