Il libro testamento uscito postumo di Benedetto XVI rappresenta una miniera da cui attingere a piene mani per incontrare sia la visione di Joseph Ratzinger sul mondo, sulla Chiesa e sulla fede, sia per comprendere molte delle dinamiche ecclesiali spesso rimaste oscure alle cronache e agli analisti vaticani.
Un testo postumo di un Papa emerito, e per di più di una figura dello spessore di Benedetto XVI, non può che rappresentare un vero e proprio evento editoriale e culturale, tanto per la tempistica della pubblicazione quanto per i contenuti che, evidentemente, risultavano per qualche ragione scomodi da pubblicare in un altro momento, cioè in vita. “Da parte mia, in vita, non voglio più pubblicare nulla”, scrisse al curatore dell’opera postuma Elio Guerrero.
“La furia dei circoli a me contrari in Germania è talmente forte che l’apparizione di ogni mia parola subito provoca da parte loro un vociare assassino. Voglio risparmiare questo a me stesso e alla cristianità”, scrisse con dolore ma anche con calzante ironia il Papa emerito.
Un testo sorprendente da analizzare a lungo
I temi esposti sono numerosi e tutti incredibilmente sorprendenti. Emerge con forza, dalle prime pagine, l’amore di Ratzinger per la musica, l’arte che per il giudizio del Papa emerito più di tutte le altre ha visto primeggiare la cultura cristiana. Poi le sue parole, concilianti ma anche altrettanto nette, verso la riforma di Lutero, la sua concezione della Messa e dell’Eucarestia, che Ratzinger non esita a paragonare all’eresia Marcionista, che rifiutava ogni possibile compatibilità tra Antico e Nuovo Testamento.
Il suo amore per la Chiesa, la radicale novità introdotta da Cristo, e lo splendore della sua umana divinità, senza la quale non è possibile comprendere alcunché della Chiesa e della fede cristiana. Infine, le sue dure parole sulla crisi degli abusi nella Chiesa e quell’origine da rintracciare, senza peli sulla lingua, nella liberalizzazione sessuale e dei costumi operata dai movimenti studenteschi del ’68. O meglio, in quello che viene definito dal Papa tedesco nientemeno che un “collasso spirituale”.
Il punto più doloroso e la sua rivelazione sull’origine della crisi della fede
Il punto più doloroso di questo testo, tuttavia, è dovuto al fatto che si tratta di un libro postumo non per casualità, o per elaborazione editoriale da parte di qualche suo collaboratore o conoscitore, ma per precisa scelta dello stesso Ratzinger. Il tono che sottende la sua descrizione dello stato attuale dell’Occidente, e della Chiesa stessa, è perciò doloroso. Per Benedetto XVI, la Chiesa sta attraversando una vera e propria crisi strutturale, alla cui origine non ci sono ragioni dovute ad articolate e approfondite disquisizioni o analisi di natura sociologica.
Ma c’è la crisi della fede, o ancora peggio l’abiura del Dio vivente e presente nella Santa Eucarestia. Dove uno dei segnali di questo decadimento sarebbe quindi nella crisi della liturgia, ma anche nello svuotamento dei seminari, o addirittura nel loro stesso decadimento morale fino alla perversione morale e sessuale, di cui gli stessi quotidiani hanno inevitabilmente e tragicamente dato conto negli scorsi giorni, riportando i tratti salienti del libro di Ratzinger, che, come recita il sottotitolo, rappresenta “quasi un testamento spirituale”.