Il calciatore giallorosso ha raccontato il doppio colloquio con l’attuale tecnico del Napoli: “Mi è crollato il mondo addosso dopo le sue parole…”
Era all’apice, all’improvviso è sprofondato in un incubo. Per un paio d’anni uno dei migliori 5 difensori centrali della Serie A, poi non ha ritrovato più se stesso, dal punto di vista fisico e mentale. È la storia di Leandro Castán, alla Roma dal 2012 al 2016 (più un ritorno senza giocare nella stagione 2017-2018). “Ho fatto di tutto per tornare al mio livello, ma non ci sono riuscito”: il brasiliano si è “confessato” a Cronache di Spogliatoio.
Una lunga intervista in cui ha toccato i momenti più bui della sua carriera, coincisi con il tumore al cervello riscontrato a inizio campionato, nel settembre 2014. Gli è crollato il mondo addosso, quel peso non se l’è più tolto dalle spalle. Arrivò in giallorosso nel 2012, fresco campione della Libertadores con il Corinthians, la sua squadra del cuore. Un’intuizione di Walter Sabatini, suo grande estimatore. In coppia con Benatia, sotto la gestione Rudi Garcia, si espresse al massimo nella Serie A 2013-2014: Roma seconda in classifica dietro solo alla Juventus, capace di superare i 100 punti in classifica. La discesa agli inferi è datata 13 settembre 2014, giorno della sfida al Castellani contro l’Empoli: sostituzione all’intervallo, un cambio precauzionale, si dirà nell’immediato. Non era quello il motivo.
Castán aveva accusato i crampi a una gamba già a inizio partita, dal giorno dopo un mal di testa incredibile fino alla scoperta del reale problema. Gravissimo, purtroppo: “Sono rimasto così per 15 giorni, senza capire che avessi. Vomitavo in continuazione, in due settimane ho perso 15 chili. Sto morendo, ho pensato. Volevo solo restare vivo, lì a Empoli è finita la mia carriera, si sono spenti tutti i miei sogni”. La diagnosi terribile: cavernoma cerebrale, un tumore benigno al cervello. Pensò di smettere, si convinse dell’operazione, da quel momento in campo non fu più lo stesso. “Litigavo con tutti, quando ti aprono la testa è normale perdere velocità, agilità, equilibrio. Non era facile neanche stare con i miei compagni, soffrivo tantissimo”.
Castán racconta poi il rapporto successivo con Luciano Spalletti. Quando tornò in campo, infatti, sulla panchina giallorossa non c’era più Garcia: “Mi chiamò in ufficio e mi disse: ‘Senti, ho bisogno che torni a essere il migliore difensore della Serie A. Come devo fare?’. Risposi di aver bisogno di giocare, prima facevo 35 partite su 38, poi sono passato al massimo 3-4. Dovevo ritrovare il ritmo. E lui: ‘Tranquillo, ci penso io’…”. Il debutto con la nuova Roma fu un disastro, procurò un rigore nel deludente 1-1 contro il Verona: “Spalletti mi richiamò nel suo ufficio, era al pc, girò lo schermo e mi fece vedere 3-4 squadre di Serie B. ‘ll tuo livello è questo, non puoi giocare alla Roma’, disse. ‘Torna in Brasile, fa’ come vuoi, qui sicuro non giochi più…’. Mi crollò il mondo addosso”.