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Cronaca

Papa Francesco in Sud Sudan, nel saluto finale celebra le donne

Published by
Francesco Gnagni

Le parole di papa Francesco nell’ultima tappa del suo viaggio in Africa, e l’invito radicali ai cristiani sudsudanesi, prima di una menzione particolare per le tante donne del Paese, simbolo di speranza e non solo. 

Siate sale, per insaporire il Paese per mezzo del “gusto fraterno del Vangelo” e di “comunità luminose”, capaci di mostrare al mondo intero la bellezza del “costruire tutti insieme un futuro riconciliato”.

(Ansa)

Le parole di Papa Francesco pronunciate durante l’ultima fermata del suo importante viaggio nel Continente africano invitano a deporre le armi dell’odio e della vendetta, circondato dal grande entusiasmo dei sudsudanesi e dalle coreografie variopinte e festanti, già oltre centomila quando ancora un afflusso costante nel grande piazzale antistante il luogo della celebrazione.

L’invito del Papa: deporre “le armi dell’odio e della vendetta”

“Deponiamo le armi dell’odio e della vendetta per imbracciare la preghiera e la carità. Superiamo quelle antipatie e avversioni che, nel tempo, sono diventate croniche e rischiano di contrapporre le tribù e le etnie. Impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce”, sono le parole di Bergoglio, pronunciate nella sua omelia della messa al Mausoleo “John Garang” a Giuba, in Sud Sudan, ultimo appuntamento del viaggio apostolico in Africa.

“Anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male, e staremo bene dentro; accogliamoci e amiamoci con sincerità e generosità, come fa Dio con noi. Custodiamo il bene che siamo, non lasciamoci corrompere dal male”, ha continuato Francesco, salutando così i cristiani del martoriato Sud Sudan, presenti nel mausoleo intitolato al padre della patria. Sul palco, a fianco dell’altare, erano presenti anche il primate della Chiesa anglicana, l’arcivescovo Justin Welby, e il moderatore della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields, oltre al primate della Chiesa anglicana, l’arcivescovo Justin Welby, e il moderatore della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields.

(Ansa)

I giovani sudsudanesi con il vescovo Carlassare e la menzione per le donne del Paese

I giovani sudsudanesi arrivati da Rumbek, insieme al loro vescovo, l’italiano Christian Carlassare, sono rimasti nell’area a vegliare tutta la notte dopo una settimana di cammino. Il Papa, durante l’omelia, ha ricordato che Cristo, “il Dio dell’amore”, ha “realizzato la pace attraverso la sua croce”, proprio come è stato “crocifisso nella vita di tanti di voi, in molte persone di questo Paese; Gesù il Risorto, vincitore sul male e sulla morte”. Parole che risuonano con grande emotività e commozione in un Paese da anni stremato da conflitti laceranti e disumani.

“In Sud Sudan c’è una Chiesa coraggiosa”, è la considerazione di Papa Francesco, espressa nell’ultimo saluto che chiude la visita a Giuba, prima di lasciare il Paese per fare ritorno a Roma, ringraziando i tanti fedeli arrivati nel luogo, talvolta con grande impegno e fatica. Nella sue parole c’è stato anche un riconoscimento nei confronti delle donne del Paese, tra cui c’è anche “santa Giuseppina Bakhita”, “una grande donna, che con la grazia di Dio ha trasformato in speranza la sofferenza patita”. “Speranza è la parola che vorrei lasciare a ciascuno di voi, come un dono da condividere, come un seme che porti frutto. Come ci ricorda la figura di santa Giuseppina, la speranza, qui specialmente, è nel segno della donna e vorrei ringraziare e benedire in modo speciale tutte le donne del Paese“.

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Francesco Gnagni