Russia, arriva il racconto da parte di Andrei Kolesnikov. Ovvero l’uomo che, adesso, è stato giudicato un “agente straniero” da parte di Mosca
A Mosca era conosciuto per aver guidato il programma politico “Carnegie Endowment for International Peace“. Si tratta di Andrei Kolesnikov. Da qualche mese, però, il governo russi ha deciso di chiudere il suo think tank. Anche se, questa decisione, non lo ha influenzato. Anzi, ha deciso di rimanere in Russia. Tanto è vero che manda articoli a “Foreign Affairs” dove racconta quello che accade realmente in Russia. All’antivigilia di Natale, però, la svolta: il governo, da quel momento in poi, lo reputa un “agente straniero“. Lo aveva scoperto mentre era in giro con la famiglia per andare a comprare un albero di Natale. Fino a quando non ha iniziato a ricevere chiamata da giornalisti che gli chiedevano se il nome pubblicato dal ministero della Giustizia, sulla lista degli agenti stranieri, fosse il suo.
In quel momento davvero non riusciva a capire, fino a quando non ha realizzato che anche il suo era stato messo da Mosca. Non ha nascosto che ha vissuto momenti di panico. Subito si è affidato ad un gruppo di avvocati che stanno studiando le sue carte. Ora si sta adattando a questo nuovo ruolo. Lo fa sapere in una intervista rilasciata al ‘Corriere della Sera‘. Tanto è vero che ha spiegato come è essere un “agente straniero”: ovvero avere molti problemi burocratici. E’ obbligato a presentare, al ministero della Giustizia, le sue attività professionali e le dichiarazione dei redditi durante l’anno. Anche quello che posta sui social (con tanto di marchio). “Ti senti come se portassi addosso una stella gialla: invisibile quando cammino per strada, ma molto visibile quando mi esprimo in pubblico“.
Da quel giorno non può più lavorare per lo Stato e nemmeno avere il compito di organizzare conferenze ed eventi per studenti. Non può neanche più parteciparci. Trova difficoltà a pubblicare libri ora visto che gli editori non vogliono avere problemi con agenti stranieri. Non può neanche più insegnare nelle scuole e nei licei. La paura che possa essere arrestato da un momento all’altro c’è sempre. Lasciare la Russia? A dire il vero ci ha pensato in più di una occasione. Anzi, ogni minuto. Non lo ha fatto. Probabilmente per paura.
Tanto da aggiungere: “Meglio lasciare la Russia prima di essere perseguiti penalmente. Tutti ne discutono in Russia. Chi ha lasciato accusa chi resta di essere fedele a Putin. Ci dicono che paghiamo le tasse al suo regime, si sentono superiori. Siamo noi in pericolo, perché cerchiamo di continuare il nostro lavoro. Cerchiamo di mantenere viva la memoria della Storia“.