La Premier League è un successo in continua espansione, macina milioni di sterline, sempre alla ricerca di nuovi mercati dove mettere in mostra le gesta dei suoi campioni, ma guai a toccare alcune tradizioni che da sempre affascinano gli appassionati
Il mondo del calcio ha spesso cambiato pelle e protagonisti nel corso del tempo. Fino a qualche anno fa la Serie A era il campionato più seguito al mondo. Merito soprattutto dei tanti campioni che calcavano i campi nostrani, ma da qualche decennio lo scettro incontrastato di campionato più seguito e importante al mondo è passato all’Inghilterra. Alla Premier League.
I club inglesi più importanti sono quasi tutti in mano ai Paperoni americani o arabi, il torneo fattura 5,5 miliardi di euro l’anno e viene seguito in tutto il pianeta. Tuti i calciatori e gli allenatori più importanti al mondo ambiscono a misurarsi con l’imprevedibilità e la tenacia della Premier League, gli stadi sono sempre pieni nonostante il prezzo medio del biglietto sia il più alto d’Europa, ma per tutto questo c’è un segreto: vietato toccare le tradizioni.
The beautiful game, come lo chiamano da quelle parti, è rimasto davvero il gioco più bello di tutti. In Inghilterra, la Patria del football, sono riusciti a trovare la formula giusta, il perfetto mix che rende ancora effervescente il torneo considerato da tutti il più bello del mondo: vecchio e nuovo, tradizione e modernità. La Premier League macina miliardi di sterline come noccioline, quasi tutte le squadre hanno una proprietà straniera, ma tutto ruota intorno a un romanticismo fatto di tradizione, gesti, usanze, rituali che a nessuno viene in mente di toccare, né all’americano, né tantomeno allo sceicco. Ecco perché a nessuno verrà mai in mente di far disputare la finale di FA Cup lontano dal sacro tempio di Wembley. Quando nel 1992, 22 club scissionisti decisero di andare per la loro strada creando la Premier League, non fu come provare a creare una Superlega, ma soltanto decidere in proprio come far fruttare il proprio marchio, il nome di società storiche, di stadi iconici. E da quel giorno è partito il viaggio che ha portato il calcio inglese su un altro pianeta, irraggiungibile per tutti. Certo, per compiacere alcuni mercati, soprattutto l’asiatico, sono arrivati gli anticipi a mezzogiorno, ma niente più. Regole ad hoc per debellare gli hooligans, per restituire gli stadi alle famiglie, per mantenere usanze e riti che da sempre hanno accompagnato le partite. Dal fish and chips, alla birra in compagnia nel pub ritrovo poco fuori lo stadio, perché il vero successo del calcio inglese è aver mantenuto la funzione sociale giusta, rimanere soprattutto un collante e talvolta anche un salvagente familiare e sociale. Insomma, una forza vitale di solidarietà.
La Premier League grazie a diritti tv, investimenti, strutture adeguate, la passione sincera di chi sente padre del calcio, sempre più stelle in campo e un pubblico mondiale potenziale di 4,7 miliardi di persone, fattura circa 5,5 miliardi di euro all’anno e il Manchester City guida la classifica con circa 700 milioni. I diritti televisivi fanno guadagnare all’ultima in classifica il doppio dei soldi della squadra che vince lo scudetto da noi e le società, grazie a questi guadagni mostruosi, sono riuscite a pianificare in pochi anni il rifacimento o la ristrutturazione degli impianti rendendoli, se possibile, ancora più belli, più comodi, più iconici. Mantenendo inalterato il legame con la storia dei club, fidelizzando ancora di più la passione dei tifosi che porta al sold out ovunque anche per la partita di primo turno della Coppa di Lega. Di padre in figlio con un simbolo nel cuore. E nonostante tutto, negli ultimi dieci anni 6 squadre diverse sono riuscite a vincere lo “scudetto”. Insomma, la Premier League è un patrimonio immenso, da ogni punto di vista. Anche per questo, dopo lo spavento della SuperLega, lo stesso governo britannico si è ora mosso con “un piano audace per proteggere a lungo il futuro del calcio inglese” dando più potere ai tifosi, pubblicando un libro bianco che darà luce per la prima volta nella storia a un’entità regolatrice indipendente che vigilerà sulla Premier League e sulle serie minori.