Da una recente indagine risulta che in Italia quasi una donna su cinque, tra i 18 e i 45 anni, è costretta a rinunciare al proprio posto di lavoro dopo essere andata in maternità. Unica soluzione per continuare a lavorare: non diventare mamma
Nonostante un tasso di natalità tra i più bassi del mondo occidentale e un tasso di occupazione femminile ugualmente fra i più bassi, che inoltre continua a scendere, come confermano gli ultimi dati dell’Istat, è sempre più difficile per una donna in Italia restare nel mondo del lavoro, messa davanti una decisione assurda, ma realistica. O decide di diventare mamma rischiando di perdere il posto di lavoro o rinuncia ad avere un figlio per tenersi stretta appunto il lavoro.
La condizione familiare, i servizi di welfare e l’istruzione sono i fattori che influiscono sulla diminuzione della partecipazione femminile nel mondo del lavoro dopo la maternità. Nel caso di famiglie monoparentali, la percentuale di donne che esce dal lavoro dopo la nascita di un figlio è più elevata, il 23% rispetto al 18% tra le coppie, mentre tra le coppie la percentuale di donne che rimangono non occupate è maggiore.
Sembra davvero così assurdo nel 2023 parlare ancora della condizione della donna nel mondo occidentale, ma proprio nel momento in cui in tutto il mondo si festeggia la Festa delle Donne, viene pubblicato uno studio che rivela ancora un profondo disagio nel rapporto tra mamme e mondo del lavoro. Secondo dati Istat relativi al 2021 ed elaborati dall’Inail, in Italia il tasso di occupazione tra le donne di età compresa tra i 25 e i 49 anni, con un figlio fino a sei anni, si ferma al 53,9%. La percentuale di lavoratrici senza figli sale invece al 73,9%. Incrociando questi numeri con quelli che emergono dall’indagine Inapp: “Rapporto plus 2022. Comprendere la complessità del lavoro”, presentata in occasione della festa dell’8 Marzo, emerge poi che per una donna su cinque il diventare madre è invece la causa della sua uscita dal mondo del lavoro. Solo il 43,6% delle occupate tra i 18 e i 49 anni continua a lavorare dopo la nascita di un figlio, con la percentuale che crolla al 29% nel Sud e nelle Isole.
Le motivazioni dell’abbandono del posto di lavoro è l’assoluta inconciliabilità con la nascita e la crescita di un figlio. Per il 22% ,infatti, non c’è un parente a cui affidare il bambino, mentre il 18% non riesce a ottenere l’iscrizione al nido, mentre l’8% non può permettersi gli elevati costi dei servizi nido e baby sitter. Infine Il 2% si dimette per mancata concessione del part-time. Un altro dato importante, se possibile ancora più grave, che emerge dal report, è che soltanto il 6,6% delle donne trova lavoro dopo essere diventata madre. Una evidente stortura del mondo del lavoro che non riesce più a riassorbire chi, perché costretto, ha dovuto lasciare il proprio posto per diventare mamma e creare una famiglia.
Questo problema sta avendo gravi conseguenze sia sul piano demografico sia su quello economico. L’Italia, infatti, risulta essere il paese europeo con il più basso tasso di fecondità e nel 2022 ha segnato il minimo storico di 400.000 nati. La maternità rappresenta una causa strutturale della caduta della partecipazione femminile al mondo del lavoro, un’altra forma di dispersione che il Paese non può più sopportare.