Da quando è stato reso obbligatorio per tutte le categorie di esercenti, l’utilizzo di carte e bancomat ha avuto un costo altissimo per imprese e aziende italiane, ecco perché le associazioni di categoria chiedono ora l’intervento del governo
Lo scorso anno abbiamo assistito a una crescita straordinaria dei pagamenti digitali in Italia, che hanno sfiorato i 400 miliardi di euro, pari al 40% dei consumi. La crescita si è riflessa su tutte le componenti dei pagamenti digitali, sia in quelle più tradizionali come le carte di pagamento, dove i pagamenti contactless hanno raggiunto i 186 miliardi di euro, con un rialzo del 45% rispetto al 2021, sia nei nuovi metodi di pagamento innovati chiamati payments, che sono invece più che raddoppiati.
Secondo le ultime stime di Confesercenti, i pagamenti in digitale oramai rappresentano più della metà dei pagamenti effettuati con un ulteriori costi aggiuntivi che vanno a pesare sulle aziende e su tutte le categorie degli esercenti. I costi delle commissioni sui pagamenti con carte di credito e bancomat sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori di pompe di carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto.
La moneta digitale oramai ha soppiantato le banconote
Gli italiani hanno utilizzato sempre di più lo smartphone e i dispositivi indossabili, come gli smartwatch, per effettuare pagamenti in negozio, per un totale di 16,3 miliardi di euro di transazioni. Sono numeri che dimostrano come la crisi pandemica ha cambiato radicalmente le abitudini dei consumatori, che hanno iniziato a fare maggiormente affidamento su questi mezzi ancora più comodi, veloci e sicuri, e fatto di conseguenza crescere il mercato a ritmi decisamente superiori rispetto a quelli pre Covid. Nonostante la crescita di questo tipo di pagamenti, il nuovo Governo ha adottato un approccio con meno incentivi verso le transazioni digitali, alzando la soglia del contante, in contrasto con il percorso avviato dai precedenti esecutivi per combattere l’evasione fiscale e migliorare processi e servizi elettronici. Ma le associazioni di categoria ora chiedono di più da parte degli organi preposti perché l’allargarsi da parte della clientela dell’utilizzo del Pos è costato alle imprese nel 2022, tra commissioni e costi accessori, almeno 5 miliardi di euro. Un onere proporzionalmente più gravoso e forse insostenibile soprattutto per le attività di minori dimensioni, in particolare del commercio di vicinato che può contare su fatturati minori. A stimarlo è Confesercenti, in vista del Tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal ministero dell’Economia per venerdì 17 marzo.
Un costo insostenibile
L’obbligo dell’utilizzo del Pos per alcune categorie di esercizi commerciali è stato introdotto nel 2012, dieci anni in cui la moneta elettronica si è comunque diffusa enormemente e l’Italia è diventato in questi dieci anni il Paese europeo con il più alto numero di Pos: 3,9 milioni. “Il tavolo”, spiega Confesercenti, “è l’occasione per mettere finalmente il punto a una questione aperta da oltre dieci anni – l’obbligo è stato previsto per la prima volta dal Decreto Crescita 2.0 nel 2012 – caratterizzata da rinvii, polemiche, provvedimenti contraddittori e promesse mai mantenute.”, per questo l’associazione è decisa a chiedere di cancellare i costi sotto i 30 euro di spesa per le imprese che non superano i 400mila euro di fatturato, di aiutarle a dotarsi di dispositivi contactless e di predisporre un nuovo più ampio credito di imposta della durata di tre anni, su tutte le transazioni. “L’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita: in alcuni casi, come nell’abbigliamento, raggiunge anche l’80% delle vendite”, aggiunge Confesercenti, “La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali, il credito di imposta previsto ora è insufficiente, ma che si arrivi a una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante”.