In vista della prossima uscita del nuovo lavoro dello storico gruppo irlandese, The Edge, mente e cofondatore della band, si racconta in una intervista a cuore aperto, tra problemi personali, convivenza e il mondo in cui viviamo
Quella che uscirà il prossimo 17 marzo in contemporanea mondiale non sarà soltanto una raccolta dei brani più importanti degli U2 composti in oltre quaranta anni di carriera, perché “Songs of surrender” sarà qualcosa in più. Le canzoni infatti sono state spogliate e rivestite, con un lavoro di gruppo che vede The Edge come frontman e motore. Ne ha curato la produzione non solo come appunto produttore, ma anche come autore degli arrangiamenti, alcuni dei quali sono molto ambiziosi e originali, altri più semplicemente unplugged. Poi c’è la voce di Bono Vox a completare il giusto mix.
Gli U2 sono la storia della musica che ha attraversato un millennio. Da più di 40 anni le loro canzoni hanno accompagnato intere generazioni, prima dure e di protesta poi sempre più morbide, ma sempre incisive e attente ai problemi del mondo. Ora siamo al punto di svolta, dove c’è da capire cosa fare da grandi tra progetti individuali, problemi fisici e un tour da programmare, anche se la storia e la musica degli U2 non morirà mai.
Un nuovo lavoro molto diverso dal loro stile
La prossima settimana sarà stata cerchiata sicuramente in rosso sul calendario dai milioni di fan della rock band più famosa al mondo di questi ultimi decenni. Venerdì 17 marzo esce infatti in tutto il mondo il nuovo e attesissimo album degli U2: “Songs of surrender”. Un album sicuramente diverso, di rivisitazione, non una raccolta vera e propria, ma comunque un tributo speciale a canzoni che hanno fatto la storia della musica. E’ stato The Edge, mente pensante del gruppo, a parlarne in un’intervista al Corriere della Sera, a spiegare l’importanza di un lavoro così diverso. Quella degli U2, nel corso della loro carriera, è sempre stata una band portata a guardare avanti e ora sembra guardarsi indietro rileggendo il proprio passato.
Ma ascoltando il nuovo lavoro tutto diventa più chiaro: non è una semplice raccolta, ma un omaggio al passato completamente rivisitato. Resta comunque questo un momento delicato nella storia della band. Prima il solitario tour promozionale del leader Bono Vox per l’uscita in tutte le librerie della biografia ufficiale del gruppo. Ora questo lavoro così diverso dalla loro storia musicale, poi l’inizio del tour dalla bolla di Las Vegas senza lo storico batterista Larry Mullen fermato da un’operazione, insomma per i fan non è facile rimanere sulla retta via, ma la storia della band comunque va avanti e non si ferma, bensì si evolve.
‘Songs of Surrender’ sarà una raccolta di 40 brani rivisitati nei testi e nella musica. La band infatti ha deciso di reincidere i loro più grandi successi come li sentono oggi, senza smettere di parlare dei problemi della gente e del mondo in generale, nel mezzo di una guerra che ancora incombe sulla nostra testa, e di modificare alcuni loro vecchi successi per parlare della crisi dei migranti che continuano a morire nell’indifferenza generale. “La situazione è destinata a peggiorare per il cambiamento climatico e sulla spinta dei nuovi mezzi di comunicazione. Il compito della comunità globale è evitare che degli Stati falliscano, che sia in Africa o in America centrale, altrimenti ci saranno nuove migrazioni di massa”, ha detto The Edge al Corriere della Sera. La parola Surrender nel titolo del disco ha un chiaro riferimento: “Anni fa non concepivo l’idea di una guerra giusta”, racconta sempre la mente della band. “ma ora l’Ucraina è giustificata dalla necessità che la sua sovranità venga rispettata e che gli invasori se ne vadano del tutto. Ma per noi quel titolo ha un significato più filosofico e spirituale legato all’accettazione di quello che siamo”.
Poi il chitarrista si lascia andare a una confessione intima, molto personale, “Abbiamo imparato che i nostri limiti sono una forza. Io soffro di ADHD” (un disturbo da deficit di attenzione iperattività), “nel lavoro mi concentro sui dettagli come se guardassi con uno zoom e ho bisogno della visione di uno come Bono che invece usa il grandangolo. Abbiamo avuto momenti di enorme disaccordo”, continua The Edge, “che sarebbero potuti sfociare se non in una separazione in una lunga pausa. Prima di ‘Achtung Baby’ ci siamo andati vicini. La sfida di sincronizzare la vita privata con l’andare in tour è dura: lo fai se senti che con una band fai cose che non faresti da solo”.