Il costituzionalista ha parlato di ciò che è accaduto in Italia dopo il naufragio di Cutro, con il governo che ha firmato un decreto legge sull’immigrazione: “La linea di tendenza è quella di un abuso di provvedimenti di fronte alle emergenza, una linea cavalcata sia dalla destra che dalla sinistra”
In una lunga intervista concessa a “Il Dubbio”, il professor Michele Ainis, ha parlato di quello che è successo dopo il naufragio di Cutro, con il governo italiano che ha firmato un decreto legge sull’immigrazione, inasprendo, tra le altre cose, le pene per gli scafisti: “Diciamo che la linea di tendenza è quella di un abuso di provvedimenti di fronte alle emergenza, e devo dire che è una linea cavalcata sia da governi di destra che di sinistra. I primi provvedimenti che in qualche modo cominciavano a stringere le maglie sull’immigrazione erano firmati da Martelli, dalla Turco, da Napolitano, e in tempi più recenti nel 2017 c’è stato il decreto Orlando-Minniti, quindi a firma di due esponenti di sinistra, che nega agli immigrati alcune garanzie di cui i cittadini italiani sono dotati”.
Il costituzionalista ha proseguito: “Il filo che collega questi provvedimenti è l’esigenza, che è rimasta tale, di rispondere all’emergenza dell’immigrazione, che è un fenomeno come sappiamo globale a cui certo l’Italia è maggiormente esposta per ragioni geografiche, di rassicurare i cittadini aumentando le pene, serrando la mascella e cercando di tradurre in termini securitari una questione che invece ha a che fare con i diritti degli immigrati“.
Tra i passaggi salienti dell’intervista, quello in cui secondo Ainis la politica dovrebbe proteggere i migranti e non colpevolizzarli: “Sul piano generale la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 stabilisce il diritto di ogni persona di uscire dal proprio paese e di rientrarvi che è il diritto di emigrare. La nostra costituzione stabilisce poi il diritto all’asilo per coloro che nel proprio paese non godono delle libertà assicurate dalla costituzione italiana. L’articolo 10 della Carta è stato interpretato tradizionalmente con riferimenti ai diritti civili e politici legati al proprio paese d’origine. Ma le libertà, diceva Casavola, già presidente della Corte costituzionale, è anche quella di non morire di fame. E quindi il termine libertà si può leggere anche con riferimento ai diritti sociali. Dunque secondo me il testo dell’articolo 10 accetta una lettura non restrittiva ma estensiva, anche se certamente poi questo creerebbe problemi enormi perché nessun paese, tantomeno l’Italia, potrebbe essere un ricovero per tutti“.
Per questo occorrerebbero meno provvedimenti, ma più specifici: “Il punto è che quando si affastella l’ordinamento con una grande quantità di normative, scegliere da petalo a petalo spetta poi al giudice, il quale avrà la massima discrezionalità. Come una specie di supermercato in cui compri del cibo in base a ciò di cui hai voglia quella sera. L’abuso del diritto determina incertezza, sempre a danno dei più deboli. E questo fa sì che gli immigrati siano soggetti sempre più fragili dal punto di vista giuridico e dei loro diritti“.