Il mercato dei prodotti Lna (low o no alcol) si sta sviluppando in modo incredibile. L’Italia difende le sue eccellenze: “Occorre valorizzare le nostre produzioni”
Prima le farine prodotte dai grilli, poi i cibi dall’origine tutta da scoprire. Ora, per la prima volta da anni, l’Italia potrebbe essere al centro di una clamorosa rivoluzione in tema di consumo di bevande. Rischiando di perdere una delle nostre grandi eccellenze. Se è vero che il nostro Paese resta infatti tra i leder nella produzione di vino e birra, le cose potrebbero cambiare in modo drastico. L’Italia potrebbe infatti essere invasa da un fiume di bevande non alcoliche.
Se è vero infatti che l’Italia, come da tradizione, si dovrebbe confermare anche nel 2023 al primo posto nella produzione di vini, si sta sviluppando un mercato collaterale. Che rischia di minare la leadership italiana. Parliamo quello delle Lna, low no alcol, bevande che si sono diffuse, in modo incredibile sul mercato internazionale e che hanno la peculiarità di essere con pochissimo o addirittura con zero alcol. Vino, birra, o (in alcuni casi) anche whiskey e gin prodotti senza la presenza di alcol, stanno prendendo piede sul mercato internazionale.
In Germania aprirà domani il Pro-Wine, una fiera internazionale che si prefigge di diventare concorrente del Vinitaly e nella quale verranno presentati, per la prima volta, tutti i prodotti a zero alcol. Verrà addirittura riservato ai prodotti senza alcol un intero padiglione della Fiera. Il mercato interessa soprattutto i più giovani. Secondo gli ultimi dati, oltre il 50% della popolazione mondiale non consuma bevande alcoliche e la motivazione è spesso di natura religiosa. Motivi che hanno spinto molti a rivolgersi alle bevande Lna. Il giro di affari è lievitato ed è stimato in oltre 7,5 miliardi di euro annui.
La parte del leone la fa la birra analcolica, che da anni si trova nei negozi alimentari. Il vino senza alcol (da molti ribattezzato finto vino), si attesta a 322 milioni di euro e gli alcolici distillati e liquori senza alcol, a circa 168 milioni di euro, secondo le analisi che per conto della Direzione Agri della Commissione Europea ha realizzato Areté, azienda italiana specializzata nella valutazione di politiche per il settore agroalimentare. Le nazioni dove le bevande analcoliche si sono diffuse di più sono la Francia, Spagna, Germania e Belgio, che da soli coprono circa il 91% dei vini Lna e l’84% del mercato dei superalcolici.
L’Italia lancia l’allarme
L’Italia è in prima linea, pronta a difendere le proprie eccellenze: “Da quando si è iniziato a parlare di vini dealcolati – ha dichiarato il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida – il ministero si è fatto promotore di una battaglia per scongiurare la possibilità che questi prodotti venissero indicati con il termine vino, proponendo soluzioni diverse quali il prodotto dealcolato a base di vino” o bevanda dealcolata a base di vino. Purtroppo non è stato possibile contrastare l’azione della Commissione bloccando l’introduzione di una nuova categoria di prodotti. A questo punto, considerando l’importanza della questione. occorre seguire con estrema attenzione l’evolversi della situazione, con l’obiettivo di valorizzare l’alta qualità delle nostre produzioni”.