L’incredibile storia della triptorelina, un farmaco inserito in Gazzetta Ufficiale ed erogato ad alcuni adolescenti
A luglio dello scorso anno ci furono le prime avvisaglie di una polemica medica tornata prepotentemente di moda e che non ha trovato una soluzione. L’oggetto del contendere riguarda una molecola, la triptorelina, che è al centro delle discussioni. E sulla quale esistono numerosi dubbi. Anche nel mondo medico. Diverse società scientifiche infatti stanno discutendo sul suo utilizzo nei bambini ed adolescenti. Dubbi che hanno alzato il livello della discussione e che lanciano inquietanti interrogativi.
La triptorelina è infatti utilizzata nei bambini e negli adolescenti con disforia di genere. Una patologia per cui non si riesce a riconoscere il sesso alla nascita. L’Istituto Superiore di Sanità ha spiegato nel dettaglio di cosa si tratta. La disforia di genere è la “condizione caratterizzata da un’intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso. La contraddizione tra il sesso biologico e l’identità di genere può condurre ad una condizione di profonda sofferenza, ansia, depressione e/o difficoltà di inserimento in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree, chiamata appunto disforia di genere, così come definita nella quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”.
Quì entra in gioco la triptorelina. Il farmaco è stato infatti inserito fra i medicinali erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta Ufficiale “il farmaco è erogabile a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una equipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva”.
Ma come agisce la triptorelina. E in che modo potrebbe intervenire in casi di disforia di genere? La scienza si divide. La molecola porta infatti alla sospensione dello sviluppo puberale in casi di pubertà precoce. E’ indicata limitatamente a soggetti di età inferiore a 8 anni nelle bambine e inferiori a 10 anni nel bambino . Di fatto quindi, attraverso l’assunzione di questi farmaci, viene interrotta la pubertà. Una situazione che molti medici considerano però altamente pericolosa. Il centro Studi Livatino ad esempio (composto da magistrati, docenti universitari e avvocati e che studia temi come il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa) ricorda come, nel novembre scorso, dopo aver svolto un workshop a più voci sul tema, avevano inviato ad AIFA una lettera contenente una serie di riserve sul farmaco che, somministrato ad adolescenti affetti da Disforia di Genere (DG), provoca loro un blocco temporaneo (fino a un massimo di qualche anno) dello sviluppo puberale.
Leggendo gli effetti collaterali della triptorelina, c’è da stare poco allegri. La molecola infatti, induce uno stato di ipoestrogenismo secondario, che può portare all’insorgenza di effetti collaterali, quali la riduzione della densità minerale ossea, l’osteoporosi e ad un aumentato rischio di frattura ossea. Inoltre, si possono verificare: vampate di calore, impotenza, diminuzione della libido, nausea, disordini del sonno, fatigue, riduzione della massa muscolare, dolore delle articolazioni, aumento di peso e alterazione dell’umore.
“Oggi ribadiamo che – spiega il Centro Livatino – il farmaco viene immesso nell’elenco del SSN in carenza di studi clinici e di follow-up a lungo termine”. Secondo il Cento Studi “è alto il rischio, adoperando la TRP per bloccare la pubertà fino a 4 anni circa, dai 12 ai 16 anni d’età, di indurre farmacologicamente un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo del minore; inoltre, non esistono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel sesso di appartenenza”. “Resta inoltre sospesa la questione del consenso all’uso del farmaco, vista la scarsa consapevolezza di adolescenti e preadolescenti circa le proprie potenzialità procreative”.