Il Comando dell’Esercito popolare di liberazione cinese ha riferito di aver organizzato forze navali e aeree per rintracciare e pedinare gli spostamenti del cacciatorpediniere della Settima Flotta americana
Si è conclusa in giornata la tre giorni di manovre militari organizzate e ostentate dalla Cina al largo di Taiwan. Pechino ha inscenato un blocco, una sorta di accerchiamento dell’isola sul mare e in cielo, simulando anche un massiccio attacco missilistico rappresentato da questa animazione diffusa proprio dall’esercito della repubblica popolare.
Incontro troppo ravvicinato in mare
Durate tre giorni, le imponenti manovre militari organizzate dalla Repubblica Popolare cinese intorno all’isola di Taiwan non hanno mancato di creare più di un problema. Immediata infatti è stata la denuncia da parte dell’isola non riconosciuta da Pechino per l’imponente spiegamento di forze messe in campo dalla stessa Cina. Il ‘nodo Taiwan’ rimane un tema destinato a rimanere aperto sul medio-lungo termine. La piccola nazione insulare dista appena 180 chilometri dalla Cina. Al momento è riconosciuta solo da 12 Paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite e quindi rappresenta uno Stato a riconoscimento limitato. Pechino, di contro, la considera a tutti gli effetti parte del suo territorio nazionale, pur avendone perso il controllo nel 1895. “Operazione conclusa con successo” recita la nota del ministero della Difesa cinese al termine delle manovre navali. Ad oggi si trattata della più massiccia e ostile minaccia implicita rivolta dal gigante asiatico al piccolo Stato che continua a definire “ribelle”, una minaccia indirettamente estesa al vicino Giappone e soprattutto agli Stati Uniti.
La marina Usa non è stata a guardare
E’ stato un classico botta e risposta quello tra la Cina e gli Stati Uniti durante l’esercitazione navale che Pechino ha tenuto in questi giorni intorno all’isola di Taiwan, alla quale la Marina americana ha risposto monitorando molto da vicino le mosse delle navi cinesi. Motivo del contendere il cacciatorpediere Uss Milius della settima flotta della Marina americana che potrebbe aver varcato la linea di confine immaginaria ed essere entrata in acque territoriali cinesi, secondo l’accusa riferita da Pechino. Per la Cina, infatti, il cacciatorpediniere è entrato “illegalmente” nelle acque territoriali delle isole Xisha, senza l’approvazione del governo di Pechino e “forze navali e aeree si sono organizzate per seguirlo, monitorarlo e avvisarlo di andare via”. L’operazione , si legge in una nota del Comando meridionale dell’Esercito Popolare di Liberazione a firma del portavoce Tian Junli, ha “gravemente violato la sovranità e la sicurezza della Cina e gravemente minato la pace e la stabilità nel Mare Cinese Meridionale”. La Settima Flotta Usa ha prontamente detto che “il cacciatorpediniere Uss Milius ha affermato i diritti e le libertà di navigazione nel mar Cinese meridionale vicino alle isole Spratly, in conformità con il diritto internazionale”.