La direttrice del casting della saga di James Bond ha recentemente raccontato il faticoso processo che portò alla scelta di Daniel Craig.
Prosegue nella nebbia più fitta la tormentata ricerca di candidati per il ruolo di prossimo James Bond, ma, alla luce delle recenti dichiarazioni di Debbie McWilliams – storica direttrice del casting della saga – il successore di Daniel Craig potrebbe anche trovarsi lontano dai riflettori, nascosto tra quei numerosi attori che il grande pubblico non ha ancora conosciuto. Nel corso dei mesi, si sono susseguite innumerevoli rettifiche sugli stringenti requisiti necessari a far parte dei candidati, fino alla perentoria comunicazione in cui Barbara Broccoli (produttrice della saga) specificava che, prima di trovare un attore, gli sceneggiatori avrebbero dovuto ricostruire da zero il personaggio di Bond.
Ora, in assenza di ulteriori aggiornamenti reali sulla situazione casting, McWilliams è tornata a parlare del passato, raccontando la controversa esperienza maturata durante la scelta di Daniel Craig: “Quando abbiamo iniziato la ricerca che ha portato a Daniel, era una situazione leggermente diversa (da quella di oggi ndr.). Abbiamo guardato un sacco di attori più giovani, che però non credo avessero la gravitas necessaria. Non avevano l’esperienza, non avevano la capacità mentale di assumerla, perché non si tratta solo del ruolo che stanno assumendo, è una responsabilità enorme. Così ci siamo chiariti le idee e abbiamo ricominciato daccapo”.
Un lavoro enorme, che, inizialmente, non ha neanche riscosso grande successo, ne dal pubblico, ne dalla stampa: giornalisti e appassionati parevano non gradire particolarmente Daniel Craig, al quale venivano rimproverati tratti somatici poco britannici, più facilmente riconducibili a zone dell’est Europa e, nel complesso, un aspetto poco avvenente e aggraziato, in netto contrasto con il suo predecessore Pierce Brosnan: “È stato un responso incredibilmente negativo, devo dire. La risposta della stampa è stata terribile e mi sono sentita così dispiaciuta per lui, ma in un certo senso penso che questo lo spronò a dare tutto sé stesso per dimostrare a tutti quanto si sbagliassero. Per tutta la produzione del film, sono uscite fuori cose su come non potesse camminare e parlare, non potesse correre, non potesse guidare correttamente una macchina, tantissime cose completamente false. E lui ha tenuto la testa bassa, ha continuato con il lavoro e poi quando il film è uscito tutti hanno detto ‘Oh wow, non è così male dopo tutto’”.
Infine, la direttrice del casting, ha ricordato quanto fosse sostanzialmente sconosciuta la gran parte degli interpreti che hanno indossato gli eleganti panni della spia britannica: “Timothy Dalton era conosciuto, ma era principalmente un attore Shakespeariano. Pierce Brosnan era conosciuto, ma grazie alla televisione. Roger Moore pure. Nessuno sapeva chi fosse Sean Connery. Una certa fetta di pubblico conosceva Daniel Craig, ma si trattava principalmente di chi guardava i film indipendenti. Non aveva mai davvero partecipato a un film dal grande successo di pubblico, penso che The Pusher sia stata la sua pellicola più popolare fra le robe fatte prima di 007, ma di sicuro non era un attore conosciuto globalmente”.