Bar, bazar e centri estetici senza regole, nel cuore di Roma c’è chi vive in un enclave cinese; 86 negozi sanzionati e 65 milioni di prodotti sequestrati nel 2023
Le nostre città sono ormai da anni prese d’assalto da cittadini cinesi che si dedicano al commercio in piccoli negozi. Ogni quartiere di tutte le città medio/grandi ha almeno un negozio cinese dove recarsi quando si ha bisogno di qualcosa in modo facile e veloce. Eppure i dati in mano alle Camere di Commercio non riescono a rispecchiare la realtà, una realtà fatta di evasione e di violazione del made in Italy.
Passeggiando per la capitale ci si può imbattere in centinaia e centinaia di esercizi commerciali gestiti da rappresentanti del dragone, tanto che ormai l’abitudine di recarsi in questi negozi sta prendendo quasi tutti. Ma siamo proprio sicuri che vengano rispettate tutte le regole del caso? Per farlo basterebbe recarsi in uno di questi negozi e provare a pagare con la carta. Sulla base dei dati forniti dalla Guardia di Finanza in seguito alle sue operazioni del solo inizio 2023 in un negozio su 3 sarà obbligatorio pagare in contante e senza l’ombra di una ricevuta. Bar, centri estetici e bazar con prezzi super competitivi nascondono in realtà vere e proprie organizzazioni criminali, spesso gestite direttamente dalla madre patria. Come accaduto a Firenze dove la Procura del capoluogo toscano ha scoperto che in realtà dietro le sembianze dei negozi si nascondevano vere e proprie banche clandestine dedite al riciclaggio del denaro da ritrasferire in Cina.
Niente scontrino, lavoro in nero e prodotti illegali
A Roma l’organizzazione capillare che consente ai cinesi di vivere in una sorta di enclave del proprio paese dove non valgono le regole straniere non è sicuramente da meno. Basti pensare alle intercettazioni che hanno sgominato una banda dedita al narcotraffico e alla prostituzione internazionale dove qualcuno dei capi si offriva per fungere da conducente per le giovani squillo così da evitarle di pagare il taxi “straniero”. Tornando all’organizzazione commerciale che hanno realizzato qui in Italia, la Camera di Commercio di Roma rileva 2.997 imprese individuali con titolare cinese, solo il 6,7% del totale di quelle straniere, che sono 44.528. Pare difficile credere alle quasi tremila imprese a fronte dell’esperienza sul campo. Anche lontano dalla Chinatown di piazza Vittorio nei quartieri residenziali all’interno del GRA si possono trovare anche 5/6 negozi in meno di un chilometro.
Ad alimentare il sospetto dell’utilizzo di prestanome per nascondere più facilmente eventuali illeciti ci sono i dati dei controlli della Guardia di Finanza sugli esercizi commerciali stranieri di questa prima fase del 2023. Ad esempio lo scorso gennaio nel quartiere Esquilino sono state controllate 99 attività di cui 26 gestite da cinesi e 40 da bengalesi, 43 di queste sono state sanzionate perché non emettevano lo scontrino e sono stati trovati 35 lavoratori in nero. Sempre nel primo mese dell’anno sono state controllate le attività del centro commerciale Commercity nei pressi della nuova Fiera di Roma. 83 delle 193 erano gestite da cinesi e 43 in totale non emettevano la ricevuta fiscale. A completare la serie di controlli della GdF il sequestro di 65 milioni di prodotti tra gennaio e febbraio scorsi, realizzati in violazione delle regole del made in Italy e del codice del consumo, e che hanno fatto registrare una crescita di quasi 30 milioni di pezzi sottratti dalle forze dell’ordine dal commercio illegale rispetto allo stesso periodo del 2022.