Da ieri circola imperterrito il tam-tam sul possibile incontro nel fine settimana tra Zelensky e Papa Francesco, trafelato in un primo momento da fonti vaticane. Il presidente ucraino potrebbe infatti essere a Roma per incontrare diverse personalità, mentre il secondo si è premurato di tenersi libero da ogni altra incombenza o appuntamento, dopo le parole sul “piano di pace” che hanno fatto indispettire sia russi che ucraini. Mentre c’è chi nota che per la Chiesa si tratta di una data altamente significativa.
Al momento non c’è alcuna conferma ufficiale del possibile incontro tra i due, che però in molti danno sempre più quasi per certo. Il leader ucraino infatti viaggerà fino a Berlino per poi ricevere il prestigioso premio Carlo Magno, e potrebbe incontrare anche Meloni e Mattarella. I segnali che arrivano dalla Santa Sede fanno immaginare che ci sarà anche l’atteso appuntamento vaticano.
Nella giornata di sabato Zelensky incontrerà a Berlino il cancelliere Scholz e il presidente Steinmeier, mentre domenica si recherà ad Aquisgrana per ricevere il Premio Carlo Magno, meritevole di avere difeso la sovranità del popolo ucraino “ma anche l’Europa e i valori europei”, secondo quanto recita la motivazione dello stesso. Tra le righe, tuttavia, il riconoscimento è anche e soprattutto un invito all’entrata dell’Ucraina nell’Ue. È tuttavia possibile che sempre nella giornata di sabato anche Papa Francesco incontri il presidente ucraino durante la breve visita che potrebbe compiere a Roma, almeno secondo quanto riferiscono fonti vaticane. Un primo incontro tra il Papa e Zelensky era avvenuto nel febbraio 2020, prima dello scoppio dell’ultima fase del conflitto russo-ucraino.
L’incontro potrebbe esserci, si attendono conferme ufficiali
Insomma, l’incontro potrebbe esserci ma non ci sono conferme ufficiali, e vista la delicatezza del momento, considerate anche le parole del Papa di ritorno dall’Ungheria sul “piano di pace” che il Vaticano starebbe cercando di mettere sul tavolo delle trattative, che avevano fatto smentire il tutto tanto ai russi quanto agli ucraini, meglio che di parole in merito non ne circolino troppe. Altrimenti il rischio è che le stesse potrebbero ritorcersi come un boomerang e diventare un ostacolo alla pace stessa. Tuttavia, c’è un segnale particolarmente eloquente in merito alla possibilità che questo incontro avvenga, e lo hanno notato fin da subito i cronisti della vita vaticana. Nella giornata di sabato l’agenda ufficiale del Papa è totalmente vuota, un fatto piuttosto insolito, molto raro, quasi unico.
Un’agenda che insomma testimonia come lo spazio per l’incontro tra i due c’è, ed è visibile. A corredo di questo segno evidente, tuttavia, ci sono anche le voci che nella giornata di ieri si sono moltiplicate passando in poco tempo dal definire l’incontro possibile a darlo per probabile, quasi certo insomma. Se non altro perché è evidente come sia il Papa stesso che non aspetta altro che riceverlo, come testimonia le sue innumerevoli aperture pubbliche, quasi continue, da un anno a questa parte. Anche il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, interpellato dai cronisti sulle parole del Papa relative alla missione di pace tra Mosca e Kiev ha risposto con il suo solito aplomb: la missione c’è e andrà avanti, a prescindere da quanto vogliano affermare pubblicamente le due parti, certamente sono state informate. “Non erano smentite, ci sono stati contatti in cui si è chiarito da entrambe le parti che si è trattato di un misunderstanding, un equivoco”, sono state le parole di Parolin.
Al netto di tutto questo, la missione di pace resta certamente del tutto ardua, dopo oltre un anno di tentativi. Iniziati subito il 25 febbraio 2022, quando Bergoglio si recò di persona all’ambasciata di Mosca in via della Conciliazione, scardinando ogni possibile protocollo. Il giorno seguente parlò al telefono con Zelensky, e da allora il Vaticano ha tentato in ogni modo di entrare in contatto con le parti. In un’occasione pubblica Francesco lo aveva spiegato senza problemi: “Io sono disposto a fare tutto quello che si deve fare”.
Nel mentre, c’è anche chi fa notare che il giorno in cui si preannuncia l’incontro tra il presidente ucraino Zelensky e Papa Francesco segna una ricorrenza estremamente particolare per la Chiesa, tanto per la fede, e per la devozione dai risvolti particolarmente “escatologici”, centrati sul discorso inerente la “fine dei tempi” preannunciata dal Catechismo cattolico, quanto per la dimensione politica e diplomatica dell’attività vaticana. Una data che tocca anche la dedica che Bergoglio dedicò al suo stesso Pontificato. Quella alla Madonna di Fatima, vale a dire alla ricorrenza delle apparizioni della Vergine ai tre pastorelli portoghesi il 13 maggio 1917, durante la prima guerra mondiale, nella Cova da Iria, vicino Fatima.
In quello stesso giorno si verificò anche l’attentato del turco Alì Agca ai danni di San Giovanni Paolo II, nel 1981, che il futuro santo polacco non esitò a collegare il suo salvataggio miracoloso alla protezione della Madonna, in particolare quella di Fatima, al punto che regalò uno di quegli stessi proiettili alla statua venerata in Portogallo, che ora lo porta come gemma preziosa nella sua corona. Una data che porta ancora più dentro il mistero di quello che era la fonte del celeberrimo “Terzo Segreto di Fatima” – poi rivelato nel 2000 dall’allora cardinale e prefetto della Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, secondo alcuni retroscenisti in maniera però parziale e non completa – viste in particolare le voci che ricollegano oggi a quegli stessi fatti misteriosi anche la verità del caso Emanuela Orlandi, come moneta di scambio della liberazione del terrorista Agca. Un caso, quello della Orlandi, in questi ultimi mesi improvvisamente tornato al centro dei riflettori mediatici, e che lascia spazio a un mare di interpretazioni su quanto si muove dentro le mura della città più piccola del mondo, e su quali siano i legami che vanno fin oltre quella che un tempo era la Cortina di ferro, e che oggi continua ad esserlo.