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Sport

Djokovic mette il punto: “Mai stato un no-vax, ma serviva un bersaglio e il sistema ha colpito me…”

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Daniele Magliocchetti

Il tennista si sfoga al CorSera: “Voglio solo essere libero di scegliere ma sono rimasto amareggiato da alcuni colleghi. Ucraina? La guerra è devastante, io ne so qualcosa”

Il migliore tennista al mondo è un grande giocatore e uno sportivo eccezionale, ma è anche un uomo con sentimenti, emozioni e una testa pensante non affatto banale e superficiale. Tutt’altro. Un uomo che ama la propria famiglia e che ama essere libero e mostrarsi al mondo per quello che è senza avere bisogno di accodarsi al pensiero comune. E’ semplicemente Novak Djokovic. E c’è una cosa che in questi ultimi due anni non ha potuto sopportare, ovvero tutta la storia legata al vaccino e a tutto quello che ne è venuto fuori. Ne ha sofferto molto e oltre alla sua famiglia pochi, davvero pochi hanno capito il suo punto di vista e la sua posizione, tra questi Emir Kusturica, il regista. “Se è un mio amico? Sì, tanto. Ed è un’altra persona da cui ho imparato molto. Posso non essere d’accordo su alcune cose, ma è un uomo autentico, onesto. Uno che ha il coraggio delle proprie idee, e le difende dalle pressioni dei media. Ne so qualcosa anch’io, con le pressioni che ho dovuto sopportare in questi ultimi tre anni…“.

Il campione di tennis e numero uno al mondo Novak Djokovic (Ansa Notizie.com)

Il riferimento è al vaccino e a tutto quello che ha passato per via della sua libera scelta di non inocularlo. “Ho subìto tutto sulla mia pelle. Molte persone hanno apprezzato che io sia rimasto coerente. Il 95 per cento di quello che è stato scritto e detto in tv di me negli ultimi tre anni è totalmente falso». Talmente era fermo nelle sue intenzioni di non vaccinarsi che Nole veniva chiamato Novax Djokocovid.Io non sono no vax e non ho mai detto in vita mia di esserlo. Non sono neppure pro vax. Sono pro choice: difendo la libertà di scelta. È un diritto fondamentale dell’uomo la libertà di decidere che cose inoculare nel proprio corpo e cosa no. L’ho spiegato una volta alla Bbc, al ritorno dall’Australia, ma hanno eliminato molte frasi, quelle che non facevano comodo. Così non ho mai più parlato di questa storia“.

“In Australia il momento peggiore, mi avevano messo in un carcere, ma non ne ho mai parlato prima…”

Il campione di tennis Novak Djokovic dopo la conquista degli Australian Open 2023 (Ansa Notizie.com)

A gennaio del 2022, a causa della sua scelta di non vaccinarsi, Djokovic venne preso come esempio negativo e non fatto entrare in Australia, una storia che l’ha segnato, anche perché il posto dove è stato trattenuto non era proprio un idillio, tutt’altro. “Era un carcere, vero e proprio. Non potevo aprire la finestra. Io sono rimasto meno di una settimana, ma ho trovato ragazzi, profughi di guerra, che erano lì da moltissimo tempo. Il mio caso è servito a gettare luce su di loro, quasi tutti sono stati liberati, e questo mi consola. Un giovane siriano era lì da nove anni”. Da questa storia Djokovic ne è rimasto segnato, sia come uomo che come sportivo: “Ora è in America, quando tornerò quest’estate lo voglio ritrovare e invitare a vedermi agli Us Open; anche con lui mi sento connesso. Il giudice australiano ha accolto il mio ricorso; ma il ministro dell’Immigrazione, che ha il potere di deportare chi vuole senza ragioni, mi ha espulso. Io però non ho violato le regole. Sono entrato in Australia con i documenti necessari e corretti, come ha riconosciuto il magistrato del primo processo“.

Nole spiega quanto è successo e a cosa è dovuto questo suo malessere, nonostante sia uno a cui piace far scivolare tutte le cose addosso, ma questa storia proprio non ci riesce tanto: “Avevo avuto il Covid ed ero guarito. Ho rispettato tutte le norme e non ho messo in pericolo nessuno. Eppure una volta là sono diventato un caso politico, uno che metteva in pericolo il mondo. Il sistema, di cui i media sono parte, esigeva un bersaglio, che fosse opposto al mainstream; e lo sono diventato. Mi hanno messo l’etichetta di no vax, una cosa del tutto falsa, che ancora adesso mi fa venire il mal di stomaco. Poi si è scoperto che la situazione della pandemia era molto diversa da come veniva presentata. Ora l’Organizzazione mondiale della sanità ha scritto che il virus non è più così grave, che fa parte di tutti i virus che abbiamo…“.

“La guerra in Ucraina è devastante, la guerra è la cosa più brutta che l’uomo abbia mai creato”

Il campione di tennis Novak Djokovic (Ansa Notizie.com)

Tutto quello che è successo proprio non l’ha digerito e lo dice apertamente, senza filtri o fronzoli di alcun genere: “Si è divisa la società. E io sono stato messo in mezzo, additato come persona non grata. Mi sono ritrovato solo; ma quella volta mi sono sentito la pecora, circondata da venti lupi. E un uomo solo contro i grandi media non ha chance. Io dimentico in fretta, sono concentrato sulle cose positive. Ho avuto il Covid una seconda volta. Ho sempre accettato le regole, non potevo andare in America e non sono andato, ho rinunciato a due Us Open per restare coerente con me stesso. Non ho parlato, perché ho visto che quel che dicevo veniva distorto. Sono tornato in Australia e ho vinto. Però sono rimasto deluso. Dai media e da molti colleghi“.

La notte del 24 marzo 1999 è il giorno in cui è scoppiata la guerra dei Balcani, Djokovic era a Belgrado, una notte che non potrà mai dimenticare, anche perché era un bambino e tutte quelle cose ti restano addosso. Un racconto drammatico, il suo: “Non accadde la prima sera, ma la seconda o la terza. Mi svegliò l’esplosione, il fragore dei vetri rotti. Mia madre cadde, picchiò la testa contro il termosifone, svenne. Mio padre urlò: Nole, i tuoi fratelli! Io non avevo ancora dodici anni ma ero il più grande. Presi Marko e Djordje e uscimmo in strada, non c’era un rifugio nel nostro condominio, così scappammo verso il palazzo di mia zia, erano le tre del mattino, per strada c’era il fumo delle bombe. Caddi, mi graffiai le mani e le ginocchia, alzai lo sguardo e i miei non c’erano più, sentii un rombo venire verso di me, guardai il cielo e vidi passare due F-117. Spararono due razzi contro l’ospedale militare, che esplose a cinquecento metri da noi, la terra tremò, tremava tutto… Fu un trauma, ancora adesso ho paura dei rumori forti e improvvisi, anche solo l’allarme antincendio mi fa sobbalzare”.

È vero che continuò a giocare a tennis nei 78 giorni del bombardamento di Belgrado?, gli chiede il Cor Sera: «È vero. Le scuole erano chiuse. Contro le bombe cosa puoi fare? Non molto, oltre a continuare la tua vita. Ci alzavamo all’alba, non bombardavano mai all’alba. Andavamo nelle zone dove non erano previste incursioni, oppure in quelle dove le incursioni c’erano appena state. Per me era come un gioco, ma per i miei genitori fu uno stress terribile: la paura, la coda per il pane, l’ora di elettricità al giorno in cui mia madre doveva cucinare il più possibile… Quella guerra fu una motivazione ulteriore. Mezzo mondo era contro di noi, il nostro Paese non aveva certo una buona immagine; e io volevo dimostrare al mondo che esistevano anche serbi buoni. L’Ucraina? L’unica cosa che posso dire, da bambino di guerra, è questa: in guerra nessuno vince. La guerra è la cosa più brutta della vita, la peggiore invenzione dell’uomo, la peggiore idea della storia. Ho visto due guerre, quella civile in Jugoslavia e i bombardamenti Nato su Belgrado, ho visto la sofferenza della mia famiglia, la povertà del mio Paese. La guerra è una cosa molto più grande di noi, puoi solo pregare Dio che la faccia finire domani. Purtroppo la guerra in Ucraina è lenta, e ogni giorno si fa più devastante. Ci sono le città distrutte, le vite stroncate, ma ci sono anche danni che non si vedono, che dureranno nel tempo. Ho letto un articolo sugli effetti dei traumi bellici: influiscono sulla salute, in particolare sulla digestione. Io ho avuto problemi con il microbioma, la mia carriera è decollata solo quando ho scoperto l’intolleranza al glutine e ai latticini, e questo può essere legato alla guerra. Ma la cosa peggiore ovviamente è perdere una persona cara; e la guerra apre un vuoto in ogni famiglia. Per questo non posso sostenere nessuna guerra contro nessun Paese»

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Daniele Magliocchetti