Lo scrittore Alain de Benoist oggi non ha solamente la veneranda età di ottanta anni, gli stessi che gli permettono di guardare la realtà da un punto di vista sicuramente privilegiato, quello dell’esperienza di uno dei più grandi pensatori francesi dell’epoca recente, seppure inscindibile dal suo manifesto schieramento ideologico, sideralmente distante dal pensiero “politicamente corretto” che il pensatore indica come sovente rivolto a sinistra.
De Benoist è anche infatti il fondatore del movimento culturale francese “La Nuovelle Droit”, ovvero un vero e proprio padre di quella che oggi avrebbe l’aspirazione di essere, in Europa, la nuova destra. Fin dal titolo, il suo ultimo libro appena uscito in Italia, per la casa editrice Giubilei Regnani, è poi molto chiaro su quale sia il focus della sua elaborazione intellettuale: “La scomparsa dell’identità”.
C’è quindi oggi chi sostiene che lo stesso de Benoist possa in qualche modo rappresentare l’ideologo di riferimento anche degli esponenti del governo italiano, e in particolare della compagine di Giorgia Meloni. Intervistato dal quotidiano La Stampa, il Pensatore e filosofo mette però subito le mani avanti e cerca di fare chiarezza. “Non sono l’ideologo di nessuno”, chiarisce. “Sono un intellettuale indipendente che lavora nel campo della filosofia politica, della storia delle idee da oltre mezzo secolo. Ho lettori di destra o di sinistra ma sono indifferente alle etichette”.
Nonostante l’età, sua visione sulla società è senza dubbio lucida. In Francia, spiega il filosofo, non esiste più la divisione orizzontale tra destra e sinistra. Esiste, al contrario, la divisione tra popolo e élite, tra alto e basso, tra coloro che vedono il presidente Macron togliersi l’orologio in diretta televisiva per non apparire distante dal popolo, dalla classe operaia che la sua sinistra dovrebbero rappresentare, e lo guardano con disprezzo, e coloro che invece vedendo quella scena in qualche modo compatiscono il presidente francese e inneggiano al contrario al “populismo” della masse, che al contrario andrebbero rieducate.
Rese cioè, in sostanza, mansuete. “Il mio principale nemico è il capitalismo liberale”, afferma l’ideologo nell’intervista, prima di dare il suo giudizio sulla compagine meloniana. Secondo la quale rappresenta “un governo conservatore liberale molto classico. La grande domanda per i conservatori è cosa vogliono (e possono) mantenere”, spiega.
A quel punto, l’intervista vira verso il cuore caldo del pensiero di De Benoist, ovvero il suo giudizio sull’ideologia dominante, quella che lui stesso definisce “un misto di progressismo, che combina ciò che resta dell’ideologia del progresso con l’inflazione dei diritti individuali e il monoteismo del mercato”. Vale a dire, chiosa senza pietà, una macabra riproposizione dello stesso Grande Fratello di cui parlava George Orwell nel suo celebre 1984, un’entità che “mira a cambiare il significato delle parole per trasformare le menti delle persone. E ottimizzando il linguaggio per non urtare i sentimenti di nessuno aggiunge l’autocensura alla censura e trasforma la società in un cumulo di sensibilità”.