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Esteri

Galileo Galilei e l’esemplare falso, la sconvolgente rivelazione: “Ce ne sono sicuramente altri in giro”

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Marta Zelioli

Succede ai migliori ed è successo anche a lui: Galileo Galilei, vittima di contraffazione. Un caso che lascia senza parole poiché per decenni, il manoscritto del noto astronomo pisano, è stato esposto e dato per autentico.

Veniva descritto come “uno dei grandi tesori” e invece si trattava di ben altro: un banalissimo falso. Questo quanto rivelato da un’indagine scientifica. Chi l’avrebbe falsificato? A peggiorare la situazione c’è questo ‘dettaglio’.

Galileo Galilei, scoperto un falso conservato da decenni presso la Biblioteca dell’Università del Michigan – Notizie.com

Il manoscritto considerato un grande tesoro, era conservato da decenni presso la Biblioteca dell’Università del Michigan. In alto la bozza di una lettera firmata dall’astronomo pisano che descrive il suo nuovo telescopio, mentre in basso gli schizzi che tracciano le posizioni delle lune intorno a Giove da lui scoperte. A mettere tutto in discussione e a sconvolgere gli appassionati, una nuova indagine scientifica.

Galileo Galilei e il caso di contraffazione: la rivelazione

La nuova indagine scientifica ha rivelato che il manoscritto non è autentico: non risale quindi al 1610 circa, ma è un’opera di un falsario dei primi decenni del Novecento, con tutta probabilità il milanese Tobia Nicotra. A far partire l’indagine uno storico della Georgia State University, Nick Wilding, che aveva scovato alcune prove. La Biblioteca dell’ateneo statunitense ha deciso di avviare una ricerca e ha stabilito che aveva ragione. L’Università del Michigan, secondo quanto riportato in un ampio articolo il “New York Times”, ha concluso, infatti, che il suo prezioso manoscritto “è in realtà un falso del XX secolo”.

Il falso attribuito a Galileo Galilei che sconvolge

“È stato piuttosto doloroso quando abbiamo appreso che il nostro Galileo non era in realtà un Galileo”, sono le parole di Donna L. Hayward, preside ad interim delle biblioteche dell’Università del Michigan. “Ma poiché lo scopo di ogni biblioteca è quello di espandere la conoscenza – ha aggiunto – l’Università ha deciso di essere sincera sulle sue scoperte e di annunciare pubblicamente il falso. Nascondere questa verità sotto il tappeto sarebbe contrario a ciò che noi rappresentiamo”. Wilding, lo storico che si è accorto dell’inganno, sta scrivendo una biografia su Galilei, e aveva già scoperto delle opere galileiane contraffatte: in precedenza aveva trovato prove che una copia del trattato “Sidereus Nuncius” di Galileo del 1610, con diversi acquerelli, era un falso. A maggio, esaminando un’immagine online del manoscritto dell’Università del Michigan, si è insospettito. Alcune forme di lettere e scelte di parole gli sono sembrate strane e, anche se la parte superiore e quella inferiore sono state scritte a distanza di mesi, l’inchiostro sembrava notevolmente simile. “È una cosa che salta all’occhio come strana”, ha spiegato Wilding. “Si tratta di due documenti diversi che si trovano su un unico foglio di carta. Perché è tutto dello stesso colore marrone?”.

Lo storico ha deciso di fare ricerche sul documento e ha scoperto che non ne esisteva, negli archivi italiani, alcuna traccia. Il documento è apparso per la prima volta all’asta nel 1934, quando è stato acquistato da un uomo d’affari di Detroit ed è stato lasciato in eredità all’università nel 1938 dopo la sua morte. Wilding, a maggio, ha deciso di inviare una e-mail alla Biblioteca per chiedere altre informazioni ed andare a fondo alla vicenda, e chiedere un’immagine della filigrana del documento, un’insegna visibile alla luce che può indicare dove e quando è stata prodotta la carta.

Il nome di Wilding è noto nell’ambiente e quando Pablo Alvarez, curatore del Centro di ricerca sulle collezioni speciali della Biblioteca, lo ha visto nell’e-mail, conoscendo la reputazione dello storico in merito ai falsi, è stato immediatamente colto da una sensazione di sconforto. Alvarez ha recuperato il documento dall’archivio e ne ha fotografato la filigrana, un cerchio con un trifoglio e il monogramma “AS/BMO”. L’allarme è scattato proprio per via delle informazioni di provenienza, il catalogo dell’asta infatti, diceva che era stato autenticato dal cardinale Pietro Maffi, arcivescovo di Pisa morto nel 1931, che lo aveva confrontato con due documenti autografi di Galileo presenti nella sua collezione. Questi documenti, ha scoperto Wilding, gli erano stati consegnati da Tobia Nicotra, un noto falsario milanese del XX secolo.

Galileo Galilei e la fabbrica di falsi

Nick Wilding, lo storico che ha scoperto l’inganno – foto rete

Wilding, durante la sua ricerca, ha scoperto inoltre che Nicotra, aveva iniziato a vendere lettere e manoscritti musicali falsi per mantenere sette amanti. Un’indagine su un manoscritto di Mozart di dubbia provenienza portò la polizia a fare irruzione nel suo appartamento di Milano nel 1934, trovando una vera e propria “fabbrica di falsi”, dice Wilding, con carte strappate da vecchi libri e falsi di Lorenzo de’ Medici, Cristoforo Colombo e altri personaggi storici.

Gli studiosi avvertono che probabilmente ci saranno in circolazione altri documenti falsi nelle collezioni in attesa di essere scoperti. “Ci sono sicuramente altri falsi in giro”, ha detto Hannah Marcus, professore associato del Dipartimento di storia della scienza dell’Università di Harvard che sta scrivendo un libro sulla corrispondenza di Galileo, insieme a Paula Findlen dell’Università di Stanford. Il professore Marcus elogia Wilding per il lavoro svolto nell’esporre i falsi. “Non tutto deve essere letto con un’aria di sospetto”, ha detto, “ma tutto deve essere letto con un occhio attento”.

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Marta Zelioli