La pesante accusa arriva da una ex nazionale svedese per un fatto accaduto prima dell’inizio della Coppa del Mondo di calcio del 2011 che si svolse in Germania
Nilla Fischer, oggi 39 enne, è stato un forte difensore centrale del Malmoe, del Linkoping con cui ha vinto due campionati svedesi e del Wolfsburg, squadra della Bundesliga femminile, con la quale si è aggiudicata due Maisterchale, e una Women’s Champions League. Ha 194 presenze con la maglia della nazionale svedese con la quale ha raggiunto due volte il terzo posto al mondiale e una volta agli europei oltre a un argento olimpico a Rio 2016.
Prima dell’inizio della Coppa del Mondo del 2011 in Germania, in seguito alla denuncia di Nigeria, Sudafrica e Ghana verso la Fifa e contro la Guinea Equatoriale che, secondo loro, avrebbe schierato degli uomini in campo nelle partite di qualificazione alla massima rassegna continentale, tutte le calciatrici delle varie nazionali partecipanti alla fase finale furono sottoposte a un trattamento particolare.
Una vera e propria denuncia, un libro scritto al termine della carriera, un’autobiografia “I Didn’t Even Say Half of It’ (in italiano “non ho detto neanche la metà di tutto quello che so”), in cui racconta la sua storia. A scriverla l’ex-calciatrice svedese Nilla Fischer, ritiratasi dall’attività nel dicembre del 2022, che così ha voluto raccontare quell’esperienza, per molte compagne traumatica, ma che lei definisce “Umiliante”, occorsa a tutte le partecipanti delle varie nazionali nel Mondiale del 2011 in Germania. Tra i più forti difensori della sua generazione, pilastro della nazionale svedese con la quale ha vinto un argento alle Olimpiadi e tre bronzi, due al mondiale e uno all’europeo, ha voluto denunciare un fatto che sta scuotendo il mondo del calcio femminile fin dalle fondamenta, perché il racconto viene da una delle sue protagoniste più autorevoli. “Ci era stato detto di non depilarci nei giorni successivi e di mostrare i nostri genitali al dottore”, scrive Fischer, che ha collezionato 194 presenze in Nazionale. “Nessuno capiva questa cosa delle depilazione, ma abbiamo fatto come ci era stato detto pensando “come si è arrivati a questo? Perché siamo costrette a farlo adesso, ci devono essere altri modi per farlo…dovremo rifiutare?”. Al tempo stesso però nessuna voleva mettere a repentaglio l’opportunità di giocare un Mondiale. Così lo abbiamo fatto, non importava quanto fosse malato e umiliante”.
Era accaduto che, poco prima dell’inizio del torneo Nigeria, Sudafrica e Ghana accusarono la Guinea Equatoriale di aver schierato tra le sue fila alcuni uomini. La Fifa allora impose controlli approfonditi, obbligando le nazionali a firmare dichiarazioni di garanzia sul sesso. Ma per farlo bisognava accertare il sesso di tutte le giocatrici. In un’intervista rilasciata al quotidiano svedese Aftonbladet, la Fischer è entrata nei dettagli. “Capisco cosa devo fare e mi abbasso rapidamente i pantaloni da allenamento e le mutande allo stesso tempo. Il fisioterapista annuisce e dice ‘sì’, poi guarda il medico che dà le spalle alla mia porta. Prende nota e si sposta nel corridoio per bussare alla porta successiva. Quando tutte le giocatrici della squadra sono state ‘controllate’, il medico ha quindi potuto firmare il documento che attestava che la nazionale di calcio femminile svedese era composta solo da donne”. Ora non è chiaro il motivo per cui le giocatrici svedesi abbiano dovuto sostenere un esame del genere quando basta un test del tampone per bocca, un modo economico e non invasivo per raccogliere il Dna dalle cellule all’interno della guancia di una persona per determinare il suo sesso, che è utilizzato da decenni. La Fifa ad oggi non ha voluto commentare il racconto dell’ex giocatrice svedese.